La solitudine dei numeri primi

solitudine

-Più facciamo progressi interiori più diminuisce il numero di coloro con cui possiamo realmente comunicare-

(Emil Cioran , filosofo e saggista rumeno, tra i più importanti del XX secolo)

In realtà cerchiamo, secondo me, una comunicazione diversa, che ci permetta di interagire con gli altri, ma difficilmente la troviamo, perché, diventando più sofisticati nelle forme del pensiero, non siamo di “facile lettura”.
Insomma più ci sforziamo di farci capire da chi è meno “esperto” in alcune tematiche e più diventiamo alieni.
Eppure con la crescita interiore dovrebbe aumentare anche la nostra sensibilità, la velocità di intuizione, in modo da trovare altre modalità di comunicazione anche con persone da noi lontane anni luce per diversi motivi.
Ma non succede, i più colti, i numeri primi sono anche i più solitari…almeno secondo me.

 

39 pensieri su “La solitudine dei numeri primi”

  1. Concordo, più facciamo progressi più diminuiscono le persone con le quali la comunicazione risulti appagante. Magari affiniamo la capacità di comunicare, comprendere ed interagire con il prossimo. Ma, allo stesso tempo, sentiamo la necessità di “qualcosa” di più profondo…

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  2. Fare progressi interiori non significa diventare più colti e viceversa diventare più colti non porta necessariamente a fare progressi interiori, secondo me. Sono due processi di crescita paralleli, ma non coincidenti. Entrambi aumentano la complessità della persona, ma mentre la crescita interiore ti fa abbassare le barriere e quindi ti fa entrare in relazione con gli altri, la cultura spesso crea distacco… idealmente bisognerebbe ambire ad entrambe!

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  3. Nel film “Dead man” di Jim Jarmush, altro protagonista, assieme a Johnny Depp era un indiano che si chiamava “Colui che parla senza dire nulla”. Gli altri indiani lo chiamavano così perchè non lui parlava in continuazione e loro non riuscivano a capire cosa diavolo stesse dicendo. Ma, questo povero indiano, da piccolo era finito in Inghilterra, dove lo avevano istruito per farlo inserire nel mondo”civile”. Solo che poi nessuno ce lo voleva lì. Allora era tornato in America, tra i suoi. Ma ormai era così diverso per educazione e cultura, che non c’erano più punti in comune con gli altri del suo popolo… Insomma: la cultura può dividere, ma anche la favella, quando proferita senza alcun ritegno. Come capita spesso anche a molti”numeri primi”dalle nostre parti…
    Besos y besos

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      1. si, molto arduo ma sono quasi certa che un VERO numero primo col tempo diventi più semplice, e non complesso. Ossia, che faccia un distillato di tutto ciò che ha compreso a duro prezzo e diventi più semplicemente umano.

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  4. E’ la solita verita’ della vita.Piu’ allarghi il raggio della tua autocoscienza,piu’ l’altro che ti sta di fronte non sa cogliere la tua centralita’,la tua essenza umana.Ma la conseguenza tragica di questa dismisura raggiunta dal numero primo e’ la fallacia del suo apparire agli altri ,non cresciuti altrettanto interiormente,non corrispondente minimamente alla sua verita’ identitaria.
    Apparire sempre e indiscutibilmente superbi se non spocchiosi,mentre in realta’ nascondiamo con l’identita’ raggiunta la disperazione accertata di non essere piu’ capiti o condivisi.

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