Gulstan

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Dopo il crollo dell’Impero romano la rosa venne trascurata in Occidente per secoli: troppo sensuale la corona di petali che adornava gli idoli pagani, troppo sospetta la corona di spine che aveva straziato Cristo sul Calvario.
L’umanità, nata in un giardino, dai giardini venne allontanata a opera di molti padri della Chiesa che al simbolo di Venere preferirono    ” l’orrore  del peccato” .
Così la rosa diventò prerogativa delle delizie di Baghdad e Chan-ang, l’attuale Xian (città ai due estremi della via della seta).
E le alte mura dei giardini moreschi di Spagna nascosero agli estranei i beni più preziosi della civiltà araba: l’acqua, i fiori, le donne.
Qui la rosa (gul) dominava su ogni altro fiore e le era dedicato uno spazio tutto suo: il gulstan o roseto.
Con l’acqua di rose si aspergevano gli ospiti, come nell’antichità venivano offerte ghirlande di rose, mentre i petali aromatizzavano dessert, paste, sorbetti.
Jalesh, a commento di questo tanka ne “La nostra commedia” ricorda :
-Il roseto è un’opera prosastica-poetica di grande eccellenza, scritta da Saˁdi (1181-1291), ritenuta dai critici letterari una delle più significative della letteratura persiana classica oltreché una delle più popolari-
E la leggenda vuole che la regina Semiramide trovasse ogni giorno rose fresche dai mille colori nei giardini pensili di Babilonia.

16 pensieri su “Gulstan”

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