Quando la pantera rosa volò dall’ottavo piano

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Da appassionata cinefila quale sono stavo rivedendo per l’ennesima volta”La pantera rosa”mitico film di Blake Edwards del 1963; colpita dalla bellezza di Capucine, che interpreta la moglie dell’irresistibile Clouseau alias Peter Sellers, mi sono chiesta dove fosse finito tanto splendore.Ecco la risposta di Google:
-L’attrice francese Capucine, afflitta da depressione, si è tolta la vita il 17 Marzo 1990 gettandosi dall’ottavo piano del suo condominio di residenza. In passato aveva già tentato il suicidio svariate volte e, in più di un’occasione, era stata salvata dalla sua grande amica Audrey Hepburn-

Il mio pezzo di oggi è dedicato a lei

suicidio

Tutto è immobile come in una fotografia, congelato in una dimensione anomala, anche io lo sono, di carta, una donna che non esiste, se non fosse che penso e che sento il vento fresco abbrividirmi il corpo nudo.
Impossibilitata a muovermi guardo la città sconosciuta, le finestre come occhi dalle pupille nere demoniache, un deserto su cui incombe la notte senza fine.
Che ci faccio lì, sdraiata nuda in posizione fetale sul muro, in equilibrio su questa piazza che non conosco e che mi attira inesorabilmente?
Il deserto, questo deserto, è la negazione della vita ma allora perché io respiro? Forse sono morta e questo è una specie di “al di là”, la terra di mezzo tra i due mondi, ma chi sono, da dove vengo, eppure non mi sento angosciata, una strana innaturale tranquillità permea ogni cosa, colorando di grigio perlaceo questa strana notte. Poi compare una figura nera, laggiù,in quello strano cerchio bianco, un figura che si avvicina a me a capo chino.
Fino a che alza gli occhi e mi guarda o almeno lo immagino perché non la vedo in faccia, sento però distintamente il battito delle ciglia e allora so: è il tempo, arrivata per me, mi reclama. Ora ricordo tutto, sto solo riposandomi prima del balzo, quello che medito da tempo, lui mi chiama, è l’ora, la mia. Mi alzo in piedi e volo nel vuoto a braccia aperte dentro il grigio perla della piazza deserta.
Ecco perché sono qui sdraiata: ogni notte aspetto lui che mi liberi facendomi volare; e sarà così per l’eternità perché il tempo non ha fantasia, batte sempre le ciglia allo stesso modo…

Il suicidio può essere una via di uscita? E ancora: ci vuole più coraggio a vivere oppure a togliersi la vita, in determinate circostanze?

 

12 pensieri su “Quando la pantera rosa volò dall’ottavo piano”

  1. Quello che ho capito della vita è proprio che avere coraggio e ironia nel vivere è la strada sicura e non solo perchè in questo modo si superano tante difficoltà, ma anche perchè si comprende, ad un certo punto, che i frutti più dolci provengono dal superamento delle difficoltà più importanti. Superamento è elaborazione, per me, e non il lasciarsi vivere, andare avanti passivamente. La cosa più intelligente che si possa fare, oltre ad ironizzare, è proprio essere artisti nella strategia dell’utilizzo delle stesse difficoltà, capire che queste spesso arrivano per farci diventare ancora più grandi di ciò che siamo, più belli, più interessanti. Accidenti, facevo prima a fare un post! 😀

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    1. ti sei spiegata benissimo: solo io porto sempre un esempio, il malato terminale che sa di esserlo e che nonostante le terapie anti dolore…soffre, in primis nel pensiero, avendo i neuroni intatti.
      Allora, se l’eutanaisa non è permessa…è più coraggioso farla finita o restarsene a combattere fino allo sfinimento del respiro? Per il resto, depressioni, angoscia della bellezza che se ne va,difficoltà varie…si combatte, eccome, ironia e ridersi addosso, altro che…piangersi…! abbraccio

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      1. ah, non avevo capito che volevi parlare di eutanasia. Argomento difficile, non so se ne sono all’altezza. Però, io mi chiedo: come può avere i neuroni intatti una persona che si trova in quella situazione? Si, certo, apparentemente! Perchè ragiona bene e sembra rispondere coerentemente, ma la malattia secondo me fa sfasare tutta la visione d’insieme, io sarei per il sostegno psicologico.

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      2. io no, lo dico per esperienza…ma non so se avrei il coraggio di uccidermi, probabilmente combatterei, per non darmi per vinta sì ma anche per paura di darmi la morte. Comunque il tuo commento è perfettamente coerente, sono io che viaggiavo per conto mio…in fondo capucine era depressa non malata terminale…ma non è solo un “solo” ovviamente…ora mi sto incartando, meglio mi fermi. bacio

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      3. ritengo assolutamente condivisibili sia il pensiero della bella Mariantonietta, sia il tuo, mia incontenibile ospite; nondimeno, esprimo un ulteriore considerazione… premesso che io ho il pessimo vizio di rispettare l’altrui volontà (è un vizio ai giorni nostri, credimi), in qualunque direzione si muova, anche se non la condivido affatto, nel caso di malati terminali perfettamente consapevoli del loro status, ho constatato che tutto dipende dalla personalissima percezione che ognuno di noi ha della morte…
        se chi è malato accetta la morte come naturale conclusione di una strada senza uscita, non contempla il suicidio, ma, paradossalmente, si gode con maggiore consapevolezza il tempo che gli resta da vivere; se chi è malato non è ancora intimamente convinto di essere terminale, ma nutre ancora una stilla di speranza, allora non accetta il suo status, e, nella convinzione di aver subito una profonda ingiustizia, accarezza l’idea del suicidio…
        più o meno ho notato questo, forse mi sbaglio, non so…
        un abbraccio

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  2. Penso ci voglia più coraggio a vivere! A morire siamo capaci tutti,é vivere la vera sfida. Certo posso capire chi desidera la morte se ha già il destino segnato da malattie incurabili che portano solo sofferenza.E paradossalmente sono le persone,di solito,con più voglia di vivere ma che davvero non ce la fanno più a lottare.Per loro sí che ci vuole coraggio perché per chi vorrebbe vivere,ma sa che non può se non continuando a soffrire e veder soffrire chi ci ama, la speranza che non molla mai e l’istinto di conservazione sono una fortissima cosa sola.Non capirò mai invece chi,sano e senza problemi irrisolvibili,decide di uccidersi perché non si sente parte di questo mondo.Il discorso è lunghissimo,ma davvero non capisco.Anche a questa attrice,cosa sarà balenato in testa???? Possibile desiderare la morte se non si è irrimediabilmente malati?

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  3. …..credo che il cervello sia una membrana molto sensibile e complicata e, a volte, il suo trasemttere
    messaggi devastanti, non lasci scelta a persone dal carattere fragile….

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