Viva L’Italia: le sottigliezze dell’italico linguaggio

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Ho appena rivisto “Viva l’Italia” (2012) di Massimiliano Bruno con Michele Placido dove si narra la storia dell’onorevole Spagnolo, uno dei nostri politici, di quelli che ci hanno messo in mutande, uomo privo di ogni senso morale, corrotto e corruttore, ipocrita sostenitore dei classici valori triti e ritriti: casa, chiesa e famiglia, che regolarmente ignora alla grande.
Tradisce la moglie appena può portandosi a letto tutte quelle che vanno da lui per avere una comparsata in tv o altrove, insomma un degno rappresentante della nostra “casta”.
Fino a che un ictus fa piazza pulita nel suo cervello costringendolo a dire la verità,su tutto.
Allora il film diventa davvero esilarante ma il riso è spesso all’agro.
E arrivo alla scena che mi ha fatto pensare alla complessità della lingua italiana.
Spagnolo, ormai costretto suo malgrado alla verità, volendo spiegare alla moglie il perché delle sue continue infedeltà, le dice:
-Io ti voglio bene, tanto, te ne ho sempre voluto, ma non ti amo, non ti ho mai amato-

E qui mi son fermata a meditare sulla differenza tra i verbi: voler bene, amare ed essere innamorati.
Ecco come li “intendo” io:
Volere bene: è rivolto ad un altro essere umano, verso il quale si esprime affetto e stima,un sentimento che non morirà mai.
Amare: si può amare tutto, si ama la Bellezza , per esempio,o la Divinità,è un verbo”generico”che ci fa sentire in equilibrio perfetto con tutto l’universo.
Essere innamorati: eccola la passione, l’implicazione dei sensi oltre che della mente, l’emozione completa, quella che ci fa volare.
Quindi, tornando a “Viva l’Italia” secondo me Placido doveva usare l’espressione:
– Ti ho sempre voluto bene ma non sono mai stato innamorato di te-
Sbaglio?

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