BORGIA, il tempo dei Lupi: Fosca e il Valentino-prima parte-PER ADULTI

borgia4

La stanza è rotonda, con il soffitto di legno a cupola quadrangolare.
Una minuscola finestra si apre nelle massicce mura di una delle torri del castello dove incorporea, sospesa nel sogno tra passato e presente, vivo attimi di realtà onirica che mi angosciano.
Lo chiamano il castello dell’Aquila, perché, simile al nido di questo rapace, sta massiccio e torvo a vegliare nella solitudine dell’appennino emiliano.
E’ la mia casa, pur nello stato ipnotico in cui mi trovo lo so, o almeno è quella di mio marito, il conte Adalberto Guidi ; io sono la marchesa Fosca Malaspina e la mia famiglia è molto più antica e nobile della sua.
Mi guardo intorno, nel vapore leggero e profumato che satura la piccola stanza proveniente da un semicupio di rame splendente sui mattoni sconnessi e polversi del pavimento.
Dall’acqua calda e lattiginosa emanano effluvi di lavanda e verbena e un altro odore, penetrante, speziato, a me sconosciuto.
Tutto intorno, lungo le pareti, sono disposti splendidi arazzi di antica lavorazione normanna, a giudicare dalla tessitura e dalla tonalità dei verdi e dei rossi.
In sequenza raffigurano uomini armati che cacciano una coppia di lupi dal pelo scuro e lucido, con gli occhi di fuoco.
Nell’ultima scena i guerrieri, trionfanti, alzano verso il cielo le teste mozze dei due animali.
Repulsione, dolore, paura di conoscere cose che sarebbe meglio restassero nel buio del passato: vorrei fuggire da questo incubo, ma non posso.
Sono condannata a riviverlo, lo so.

-Guardami, sono qui-
Una strana voce, metallica e bassa mi chiama.
Proviene da uno specchio enorme, disposto a interrompere la serie degli arazzi.
-Spogliati-
All’improvviso mi accorgo di avere un corpo, con vene e arterie in cui veloce scorre il sangue, un paio di gambe che docili ubbidiscono all’ordine, mentre l’angoscia dell’incubo svanisce per lasciar posto a una gioia animalesca, quella di essere reale e viva, che mi procura un’emozione così violenta da parermi quasi insostenibile.
Dentro di me ribolle un mare di lava.
Mi guardo allo specchio: il viso riflesso è il mio, solo un poco più allungato,mia è la pelle olivastra, come pure gli occhi…che hanno però una luce strana; se sono lo specchio dell’anima, ora dentro di me c’è un nero che risplende, cupo.
Accarezzo la veste di damasco e seta che indosso come un drappeggio; sciolgo la cintura e resto nuda, la stoffa di un bianco accecante avvolta intorno alle caviglie sottili.
Nel chiarore rossastro delle lucerne il mio corpo -e la mia mente- sono quelli della marchesa Fosca Malaspina. E come Fosca, rivivo e ricordo.

Venni data in sposa giovanissima al conte Adalberto Guidi, più vecchio di me di trent’anni, che notte dopo notte striscia sul mio corpo come bavosa lumaca.
Fortunatamente il figlio avuto dalla prima moglie, Manfredi, giovane e bello, ha rallegrato, fin da subito, la mia solitudine.
E poi altri, molti altri, garzoni, servi, soldati, capitani dei nostri mercenari, tanto che di me si dice , come di Caterina Sforza, che pago con le cosce i loro servizi.
Spesso ho fatto uccidere od ho soppresso io stessa alcuni dei miei amanti: mi piace l’odore e il sapore del sangue.
Indosso la mia crudeltà come fosse una corona regale.
Vengo da un’antica e nobile famiglia, in cui gli assassinii, gli incesti e le prevaricazioni sono la normalità.
Nelle mie vene scorre un sangue vecchio di secoli, denso, carico di lussuria e magia, che odora di corruzione.
Mia madre, dalla quale ho ricevuto il dono “oscuro”, si è salvata dall’esser arsa sul rogo come strega solo per il nome che portava.
Ho potere di vita e di morte sulla gente delle vallate intorno al castello.
Si prostrano terrorizzati al mio passaggio, ma so come mi chiamano, nel segreto dei loro tuguri :“la Lupa”; mi odiano e si fanno il segno della croce al solo nominarmi; del resto tutti, compresi i nobili nostri alleati, si chiedono come mai il mio viso rimanga giorno dopo giorno quello di un’adolescente e il ventre non si apra alle lune della fecondità.
Adoro un unico Dio, il Signore delle nove porte, Re dello spazio infinito, Motore della vita e della morte, Guardiano dell’Abisso e dei segreti Labirinti, Chiave e Guardiano del passaggio tra i mondi.
Colui che è tutto ciò che è e che invoco ogni giorno nel chiuso della mia stanza.
Del resto questi sono i miei tempi: oggi è il 2 Luglio del 1502.
E’ l’epoca dei Borgia e del terrore Borgiano.
Sono i giorni in cui il Tevere, da sempre liquida fossa mortuaria, restituisce giorno per giorno principi, uomini di chiesa, capitani,soldati.
Perfino il Duca di Gandia, figlio dello stesso Papa Alessandro VI, è emerso dal fiume carico di ferite fratricide e di fango.
I tempi dei veleni e dei pugnali.
Il tempo del Valentino.
Cesare, mio Principe nero, Cesare…

Continua più tardi

9 pensieri su “BORGIA, il tempo dei Lupi: Fosca e il Valentino-prima parte-PER ADULTI”

  1. Scrivi davvero bene, soprattutto alcuni passaggi sono pura poesia. Sai giocare bene con le parole e di questi tempi e viste le cose raccapriccianti che leggo qui, è un dono. Grazie. 🙂

    Piace a 1 persona

Lascia un commento