L’attrice ovvero quando la vita è un palco…e noi?

attrice

Sul palcoscenico dietro al sipario scuro l’attrice ascolta il ritmo accellerato del cuore, che batte come se fosse all’inizio della sua carriera.
Inquietudine, timore,angoscia.
Poi, improvvisa, la solita lacerazione frusciante: ora è in piena luce, di fronte a tutti quei visi pallidi nell’oscurità, una massa anonima e confusa.
Respira a fondo poi lancia la prima battuta con voce chiara muovendosi lentamente verso il patner.
E in questo momento capisce che felicità, libertà, sincerità, fantasia e sicurezza di colpo le sono restituite.
Il suo cuore ora batte con ritmo profondo e regolare, che non è certo quello della paura, della stanchezza o dell’ambizione.
Incomincia a capire.
D’un tratto si rende conto che tutti quei visi anonimi che ha di fronte si fondono, per lei, in uno solo, l’unico che può amare davvero senza nascondergli nulla, al di fuori di ogni menzogna e compromesso. Pronunciando parole scritte da un autore morto da anni, compiendo i gesti propri del personaggio che interpreta e in gran parte decisi da un regista, si accorge che può finalmente essere sé stessa.
Così, quando dichiara:
-Ti amo-
al patner gay è davvero sincera, molto più che se mormorasse la stessa dichiarazione sulla bocca dell’ultimo amante.
E quando gli chiede di non abbandonarla…la sua voce è davvero straziata, perché il dolore dell’abbandono è dentro di lei, ne fa intimamente parte.
Altresì i mobili di scena, brutti, falsi, affittati, le son più familiari di quelli costosi di casa sua e il cielo dipinto su tela dietro alla finestra finta riflette la luce di un sole sfolgorante.
Ecco, ora le è chiaro: riesce a essere vera solo su un palcoscenico, reale o immaginario, come quello di un set cinematografico.
Quando non recita mente a sé stessa e agli altri. Quindi non è del palco la menzogna bensì delle vita reale.
Alla fine dello spettacolo la sala tributa a Roxanne un’ovazione memorabile che lei non tenta, stranamente, di prolungare tornando alla ribalta.
Al coprotagonista che le dice:
-Sei stata meravigliosa, ci ho creduto anche io a quello che dicevi…-
-Lo credo bene- risponde- non si può credere davvero a nient’altro-
Poi si rifugia nel suo camerino dove rabbiosamente si toglie il trucco con mano ferma e occhi pieni di lacrime.
Quello che ha scoperto questa sera la fa soffrire, le par quasi una condanna a morte.
Ma quando, mezz’ora dopo, perfettamente truccata raggiunge il suo compagno e gli amici al solito locale, si dirige verso i loro fantasmi con un sorriso trionfante.
Certo è più difficile recitare questa di parte.
Durante la cena accetta con grazia- anche se profondamente annoiata- complimenti e commenti, perché in ogni caso, domani, dopo aver fatto l’amore, discusso il nuovo progetto per un film e altre inezie, tornerà dietro al sipario nero per vivere davvero un’altra volta.
Si tratta solo di aspettare.
Quanto recitiamo noi nella vita di tutti i giorni?Si può arrivare a recitare anche inconsciamente creandoci realtà “da palco” che servono a renderci più sopportabile l’esistenza tanto da far sì che la finzione diventi l’unico mondo possibile da vivere? Alla fine siamo davvero tutti attori secondo un luogo comune? Non è una
domanda facile 🙂

18 pensieri su “L’attrice ovvero quando la vita è un palco…e noi?”

  1. Credo che i modelli sociali occidentali curino con molta più attenzione la cultura dell’apparire. Di conseguenza, anche chi non vorrebbe è costretto a recitare una parte. In un’epoca dove perfino i mezzi di comunicazione ti permettono di essere un’altra persona, essere veri è diventato molto difficile.
    Buona domenica.
    Piero

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  2. nella recita si è spogliata del mondo reale e la recità è diventata la sua vera vita quella dei non compromessi quella della non routine quella dell’amore represso quella dove sopravvive e non vive
    racchiusa in quel piccolo mondo è se stessa ciò che veramente è e quel ti amo detto con tutto il cuore è la verità è fuggire dall’ipocrisia è amare la vita ed uscire dal personaggio che invece è nel reale di tutti i giorni…
    un bel racconto che tocca la condizione delle persone nei rapporti interpersonali … e non solo negli affetti …
    buona domenica viki… 🙂

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  3. emblematico racconto…. nella vita reale bisognerebbe sempre dire ciò che si pensa altrimenti ,e succede spesso,si scivola in quel circolo vizioso che è un’alterego di noi un personaggio un tassello all’interno di un puzzle…
    l’unica credo arma per non finire in questo stato sia la solarità trasparenza e fiducia in quel che si crede ..e la cosa meno facile è portare avanti le nostre idee … sia nella vita che in amore (dove cmq un compromesso ci vuole)
    Credo che il personaggio reale nella storia sia più fragile…. perchè con forza nasconde le sue emozioni ..

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      1. a volte anche la psicoterapia di gruppo favorisce le recite … il palco è una valvola di sfogo dove la finzione può essere una verità reale….
        beh.. se poi c’è inconsapevolezza la recita non combatte con l’io .. si su questo recitiamo magari spesso ..

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      2. finché aneliamo a “giustificare” la nostra esistenza, recitiamo quasi completamente…
        tanto più diveniamo consapevoli di “esistere ed essere” a prescindere da tutto, tanto meno recitiamo…
        ma è solo un mio pensiero… buona domenica cara..

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      3. certamente, condivido, ma sta qui il difficile, volerla prendere, questa coscienza… perché ciò implica il non uniformarsi, andare per la propria strada sempre e comunque…allora il palco diventa solo un gioco dove esibirsi ogni tanto così…per divertimento nostro e altrui..ciauuuu.

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      4. ..una certa “coscienza”, quella che io chiamo “emotiva”, e che distinguo da quella “razionale”, non si può volerla prendere….a un certo punto ti accorgi di averla, oppure non te la senti mai….
        buona serata..

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  4. In linea generale ci sono molte persone che si cuciono addosso un personaggio o un alter ego…. personalmente, non ho mai recitato manco inconsciamente…. Altrimenti forse per la società in cui viviamo avrei avuto, diciamo, certi
    consensi .. Capisci a me, bacio

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