LE LACRIME DELLA LUNA, dall’incipit de “L’ultimo cavaliere” di Stephen King–prima parte

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Incipit de “l’Ultimo cavaliere” di S.King

L’uomo in nero fuggi nel deserto e il pistolero lo segui. Il deserto era l’apoteosi di tutti i deserti, sconfinato, vasto fino a traboccare nel cielo per enne parsec in tutte le direzioni.
Bianco; accecante; arido, amorfo tranne che per l’ abbozzo labile e nebuloso delle montagne all’ orizzonte e l’erba canina ispiratrice di dolci sogni, incubi, morte.
A indicare la via appariva di tanto in tanto una lapide, perchè un tempo la pista semicancellata scavata nella spessa crosta alcalina era stata una strada di corriere.
Da allora il mondo era andato avanti.
Il mondo si era svuotato.

Le lacrime della luna

Ramada si inoltrò nel deserto e il Giustiziere la seguì: doveva trovarla ed eliminarla prima che lei si ricongiungesse di nuovo con i ribelli.
Il deserto era sconfinato, vasto fino a traboccare nel cielo per enne parsec in tutte le direzioni.
Bianco, accecante, arido, denso di nebbie che rendevano tutto amorfo; all’orizzonte parevano fluttuare delle montagne violette, mentre qua e là tra le aride rocce comparivano degli strani mucchietti di sassolini giallastri: le lacrime della luna.
Lui ricordava, dalla sua vita mortale, quello che lo sciamano diceva a proposito di quelle lacrime: se si bruciavano i loro fumi ispiravano incubi, sogni d’altre vite, canzoni di morte.
A indicare la strada compariva di tanto in tanto una lapide, perché un tempo quella pista semicancellata era stata una via percorsa da strani veicoli terrestri.
Da allora l’universo era andato avanti, ma la terra si era svuotata da quando la Grande Piramide abitata dagli Dei del nuovo Ordine aveva ridotto in schiavitù gli umani superstiti dopo averne sterminato la maggior parte, inaugurando il Regno degli Angeli di Trax-Nil.
Ma ora i ribelli si stavano riorganizzando: andavano radunandosi nelle grandi vallate al di là del deserto sotto la guida di Ramada, l’angelodemone, che li incitava alla ribellione contro la Piramide spiegando pazientemente ai sopravvissuti il significato di parole ormai dimenticate quali libertà e uguaglianza e amore.
Figlia mutante del kaos di lei si conosceva solo la voce che era così melodiosa da essere paragonata a un canto di Sirene.
La sua natura la rendeva invincibile per tutti ma non per il Giustiziere, che era un angelo Eletto tra quelli di Trax-Nil.
Il suo potere era immenso ma sarebbe svanito in un gemito se solo avesse osato dimenticare anche per un istante la sua natura perfetta di Immortale per ricordare che un tempo era stato uomo.
Allora avrebbe incontrato la morte, la fine peggiore di tutte, la non esistenza per l’eternità, il destino degli umani.
Si chiamava Golan e aveva ricevuto il compito da Trax-Nil in persona di eliminare Ramada che la Profezia di Quilslak l’Oracolo aveva designato come colei che avrebbe ripristinato l’Antico Regno e riportato agli altari sacrificali gli dei che i terrestri un tempo adoravano.
Camminava senza fretta: i suoi indumenti avevano il non colore della pioggia o della polvere o dell’eternità; i calzoni erano di tela grezza, tesi lungo le cuciture.
Era alto e magro: il viso non aveva età, gli occhi azzurri erano così chiari da parer fatti d’acqua, dalla sua persona emanava il gelo delle grandi pianure dell’Ovest coperte dai ghiacci, il gelo dell’assenza di amore e di odio: era un angelo Eletto che era riuscito a dimenticare di esser stato umano, un tempo molto lontano.
Sopra l’inguine si incrociavano i due cinturoni delle pistole sacre dal calcio di legno di sandalo, di fattura squisita.
Le fondine dondolavano sui fianchi trattenute da lacci di cuoio, mentre i bossoli di diamante delle cartucce infilate nei passanti del cinturone balenavano nel sole diffondendo lampi luminosi.
Le pistole che avevano spillato sangue di dei e di mortali in nome della Assoluta Giustizia, erano perfette nella sterilità di quel nulla pietroso.
Salì il breve pendio di una duna- non c’era sabbia in quel deserto, persino gli aspri venti che soffiavano al calar delle tenebre riuscivano a sollevare solo un fastidioso pulviscolo pungente simile a polvere abrasiva- e vide i resti di un bivacco: si compiacque per quel resto di umanità sicuramente demoniaca che Ramada aveva e che gli avrebbe permesso di eliminarla per sempre e con lei ogni possibile rivolta terrestre.
Fu allora che percepì come un brivido, un suono stridente, un grido soffocato: sentì distintamente il potere dell’angelodemone donna che stava inseguendo crescere, lievitare.
Doveva sbrigarsi, trovarla.
Decise di bruciare qualche lacrima della luna per “vedere”, anche se poteva essere pericoloso, perché il suo Potere non lo proteggeva quando era sotto l’influsso della potente droga che si sviluppava dai fumi magici.
Bruciavano con un bagliore opaco: nelle loro fiamme albergavano le anime dei nemici uccisi; bisognava aspirarne l’odore acre e ferino senza guardare il fuoco perché le maschere dei morti seducevano chi osava fissar i rossi bagliori attirandolo nel rogo.
Così dentro il rogo lunare gli incauti andavano a contorcersi insieme al loro stesso odio per l’eternità.
Golan si appoggiò alla roccia e aspirò il fumo …

-Oltre i confini del potere umano
una goccia d’inferno un dono strano..-

L’antica cantilena gli risuonò improvvisa all’orecchio, la voce era chiara, infantile, come una melodia.
Aprì gli occhi e si trovò di fronte una alta figura avvolta in un mantello di foggia antiquata, il cappuccio a coprirne gli occhi.
-Gelsomino, viola, caprifoglio, fieno appassito..l’odore dell’amore. Amami.-
La voce ora divenuta pastosa e calda proveniva da sotto il cappuccio, nebbie violette avvolgevano la strana figura che se ne stava lì, immobile, di marmo.
-Ti prego- continuò cantilenando- non essere freddo , fa sempre tanto freddo qui…-

A più tardi l’epilogo

Un pensiero su “LE LACRIME DELLA LUNA, dall’incipit de “L’ultimo cavaliere” di Stephen King–prima parte”

  1. Grande suggestione e un’ala di profondo mistero nei tuoi bei racconti, di cui si attende il seguito….
    Buona domenica, cara viky,silvia

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