Il ciondolo (epilogo)-per adulti

da LiberaEva
da LiberaEva

Indossava un reggiseno a balconcino bianco e mutandine elastiche dello stesso colore provviste di gancetti che reggevano calze color carne.
Il suo abito da sera giaceva abbandonato da qualche parte sui sedili di una macchina grande, un modello anni 40, i cui contorni erano indefiniti.
Era in ginocchio sull’erba del cimitero.
E non era sola, con lei c’erano Carlo, il suo socio e Marco, l’ex marito.
Appoggiati alla fiancata dell’auto lasciavano che Maddalena li lavorasse con la bocca a turno mentre si strofinava il sesso dall’esterno della mutandina elastica che la fasciava come una cintura di castità.
I due uomini emettevano strani versi di piacere simili a rantoli, lei si limitava a succhiare con voracità.
Il loro seme finì parte nella bocca della donna parte diffuso sul suo volto.
Lei inghiottì avidamente il liquido caldo e salato continuando a leccare entrambi i falli mentre si afflosciavano; intanto si strofinava con forza il sesso eccitato coperto dalla barriera elastica delle mutandine fino a che non raggiunse l’orgasmo.
Maddalena si svegliò tossendo per eliminare la saliva che le era andata di traverso, il romanzo ancora tra le mani.
Aveva le guance e il mento sporchi di saliva.
Prese un fazzoletto di carta e si pulì.
Allora si accorse che odorava di seme.
E ne aveva anche il sapore.
Il ciondolo si era richiuso.

Il giorno seguente in negozio Maddalena non riusciva a concentrarsi sul lavoro.
Era spaventata e confusa.
Tornò a casa all’ora di pranzo con la scusa di sentirsi un poco influenzata.
Appena arrivata pensò subito che una doccia calda era quello che ci voleva, fumante e rilassante, ideale per sciogliere quella strana tensione che la teneva in un insopportabile stato d’ansia.
Mentre l’acqua bollente scorreva avvolgendola nel suo calore umido il medaglione si riaprì.
Questa volta si trovava in uno spogliatoio maschile pieno di vapore e indossava unicamente un sospensorio bianco ed elastico senza alcun rigonfiamento sull’inguine.
Non così era per le altre persone presenti intorno a lei: uomini muscolosi, atletici e dai sospensori rigonfi.
Lei si lascio sfuggire un grido quando uno di loro la colpì sul sedere con un asciugamano arrotolato dicendo:
-Se vuoi giocare a football con noi devi piegarti in avanti-
Costrinsero Maddalena a inginocchiarsi su una panca di sollevamento pesi e nel giro di pochi secondi un grosso fallo insaponato la penetrava da dietro.
Lei urlò di dolore quando l’uomo prese a muoversi con violenza incitato dalle grida degli altri.
Le mancava il respiro ma cominciava a provare un inconsulto piacere, il ventre si infuocava, le mani si muovevano irrequiete.
La seconda penetrazione fu meno dolorosa e l’uomo la prese lentamente e a lungo non curandosi delle grida degli altri che lo incitavano a sbrigarsi.
Quando venne parve che il suo orgasmo durasse un’eternità.
Il terzo si limitò ad inginocchiarsi e a leccarle il sesso con perizia, scostando il sospensorio, lenendo in tal modo il dolore che aveva provato.
Il piacere arrivò, violento, sconosciuto.

Si svegliò sul letto a braccia e gambe larghe.
Il ciondolo era chiuso.
Era dolorante..
Raggiunse la tazza del gabinetto dove scaricò sangue e muco.
Poi si ripulì e rimase a fissare il sospensorio.
Non ne aveva mai posseduto uno.

Allora finalmente capì.
-Puttana, puttana, Sarah Ormengo puttana! – cominciò a urlare- hai rinchiuso tutte le tue fantasie erotiche in questo medaglione e non hai dovuto far altro che aspettare, aspettare una povera pazza come me!-
Così dicendo cercava di aprire la chiusura del ciondolo per toglierlo ma non ci riusciva.
Alla fine urlando e piangendo riuscì a spezzare la catena, ferendosi il collo.
La gettò a terra con forza sempre imprecando.
Il cuore si aprì e Maddalena alzò un piede per fracassarlo quando si accorse che era un medaglione uguale a tanti altri della stessa epoca: infatti celava al suo interno una ciocca di capelli e il ritratto di una donna vissuta in un altro secolo.
Sfinita si sedette sul letto, meditò per qualche istante poi si portò le mani al volto e scuotendo la testa mormorò:
-Non eri tu.
Sono io.
Forse sto impazzendo.
Non riesco più a tenere a freno le mie fantasie.
Ma non voglio neppure provarci.
Non voglio vivere e finire come te-
Si alzò, si vestì con cura, indossando calze nere e reggicalze, mutandine e reggiseno a balconcino dello stesso colore, un aderente corto abito rosso molto scollato e scarpe in tinta con i tacchi a spillo.
Ora ricordava di non essersi affatto sentita in imbarazzo nell’acquistare quegli articoli di biancheria intima: al contrario si era comportata in modo assolutamente sfacciato e il sorriso che aveva rivolto alla commessa aveva reso la giovane molto nervosa.
Si truccò con cura, si spazzolò i capelli e pensò che i bar per single erano ancora aperti e sicuramente affollati.
E comunque i vicoli del quartiere vecchio brulicavano di uomini e donne in cerca di avventure…

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