L’amore sull’erba

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Da Liberaeva

Siamo in giro per la città vecchia, nel tramonto estivo la gente si affolla sul lago in cerca di frescura. Si sta preparando un temporale, l’aria è quasi irrespirabile, afa e smog a livelli soglia
-Meglio affrettarci-dici abbracciandomi le spalle nude-se ti bagni ti beccherai un accidente, come al solito.
E vedi di finire quel gelato, ti si sta sciogliendo in mano-
Ridi e mi baci sulla guancia.
-Lo sai che da piccola, proprio qui, ho visto Nureiev? avrò avuto 5 anni. Aveva una casa proprio lì, dietro la piazza. Non lo scorderò mai, pensai che se c’era un dio doveva avere sicuramente il suo
viso.Chissà se era gia ammalato?-
In quel momento qualcuno mi urta la spalla e il resto del cono gelato finisce per terra.
-Scusami, che sbadato, deve essere il caldo…Tu? Ma sei tu? Non è possibile…dopo quindici anni?
Che piacere, fatti abbracciare, come stai? inutile chiederlo, lo vedo da solo, sei diventata uno splendore di donna…-
Resto per un attimo immobile, incerta.
Poi riconosco il giovane uomo alto e magro dai capelli chiari, gli occhi azzurri e l’accento veneto che mi sta di fronte.
-Lorenzo, ma dai, quanto tempo è passato, ti sei trasferito qui?-
-No, sono di passaggio per lavoro abito sempre a Pavia e sempre nel solito appartamento.-
-Strada Nuova, numero 59, terzo piano?-
E ridiamo insieme, in memoria dei vecchi tempi, di quando frequentavamo la stessa Università e credevamo di esserci innamorati: una lunga relazione davvero, cinque mesi mi pare, quelli che interrcorrevano tra una sessione di esame e la successiva.
Tu mi stringi la spalla: vi presento.
Cadono le prime gocce di pioggia, saluto Lorenzo con vaghe promesse di rivederci e corriamo verso casa, mi trascini prendendomi per mano, mentre chiedi:
-Un vecchio amore mai dimenticato?-
Il tono è quello del grande inquisitore, non ti riconosco; la tua gelosia retrospettiva mi indispone.
Così rispondo:
-No, siamo stati insieme solo qualche mese; sai la genetica era il suo pane e lui mi ha aiutato molto; superato l’esame, finita la festa-
E per evitare altri inutili discorsi mi tolgo in fretta quei pochi indumenti bagnati che indosso e mi ficco sotto la doccia bollente.
Nel piacevole benessere del sapone profumato e dell’acqua calda ripenso a quella breve storia di tanti anni fa che non ho mai dimenticato.
Ci mettemmo insieme alla fine dell’inverno.
Come arrivò la bella stagione prendemmo l’abitudine di uscire in moto nei dintorni della città.
A tutti e due piacevano gli alberi e la campagna lombarda, così morbida e diversa dalle asperità a cui ero abituata.
Lorenzo guidava adagio e io, abbracciandolo stretto, mi abbandonavo al calore del suo corpo, senza pensare a nulla, guardandomi intorno.
La primavera faceva risplendere lampi di luce cristallina sul grande fiume, appendeva ai rami grappoli di lillà, facendo intravvedere un cielo d’un azzurro tenue, quasi bianco, tra le fronde tenere degli alberi.
Dalla terra saliva un senso di quiete, quasi di eternità.
Erano le languorose vaghe emozioni di una ventenne intenzionata a conquistare il mondo
Poi ci fermavamo, ogni volta in un posto diverso, e sull’erba dorata dai ranuncoli in fiore facevamo l’amore.
Una volta, ridendo, come per gioco, sdraiati per terra cominciammo a lottare fino a che lui non mi immobilizzò e fu dentro di me, ancora ansante e ridendo per lo scontro che ci aveva divertito quasi fossimo tornati bambini.
Era il tramonto.
Vedevo, supina, ondeggiare le fronde di un ontano e in mezzo al ricamo delle foglie frammenti di cielo tinti di carminio.
Il sole calava in un trionfo di colori.
Il mio piacere improvviso si mescolò a quello magico e sconosciuto della natura che lanciava il suo ultimo grido di esultanza prima di addormentarsi nella sera.
Chiusi gli occhi in un lampo di felicità che non aveva niente di umano, tanto da non sentire neppure il peso del corpo di Lorenzo sul mio.
Per la prima volta il lampo del piacere fu il mio annullarmi cosciente nella divinità. Dopo navigai in un mare di beatitudine fino a che la voce del ragazzo non mi riportò alla realtà:
-Dobbiamo tornare-
Allora, mentre mi aggiustavo la gonna, guardandolo in viso capii che nulla era cambiato: eravamo solo due giovani umani con gli ormoni in subbuglio.
Quegli attimi magici se ne erano andati e l’incanto finito.
Ci lasciammo alla fine dell’estate e non ci rivedemmo più.

6 pensieri su “L’amore sull’erba”

  1. a volte ritornano …… i pensieri quelli che cullano la nostalgia di momenti vissuti … pavia la ricordo con la piccola stazione il bar un fugace caffè fuori il taxi che passa davanti al monumento della signora con la lancia rovesciata …un ponte da dove vedo l’altro ponte di legno … e poi tu li all’albergo… i weck-end folli …
    Un racconto che odora di ricordi vissuti .. una cosa che ho notato viki è che spesso ricordi un lago .. e mi ricordo della panchina sul lago …
    buon pomeriggio gotica amica .. 🙂

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