Rosa, Rosae…

La rosa nera, che nasce solo ad Halfeti, un paesino della Turchia,oggi è a rischio estinzione
La rosa nera, che nasce solo ad Halfeti, un paesino della Turchia,oggi è a rischio estinzione
Halfeti, Turchia
Halfeti, Turchia

La rosa è da sempre, per me, sinonimo di perfezione , bellezza, passione, gelosia, seduzione…
Quando ho scoperto che sin dal Medioevo la sua struttura concentrica evocava l’idea della ruota e dell’eterno ciclo di vita-morte (vedi “Il nome della rosa” di Umberto Eco), è diventata il mio fiore delle “Mille e una notte” per eccellenza.
Ho iniziato ad amarla fin da piccola, quando passavo i miei giorni solitari immersa dentro un giardino tutto di rose; ho ancora vivissimi nella memoria quei rossi, rosa, gialli, bianchi:un’orgia di colori e profumi, che, con il passare del tempo, ho mitizzato.
La leggenda della rosa è iniziata cinquanta, forse settanta milioni di anni fa, quando apparvero i primi fiori sulla terra, come dimostrano i fossili rinvenuti in una sperduta valle dell’Oregon, negli Stati Uniti.
In molti esemplari di oggi si ritrova ancora il fuoco audace di quei primi arbusti dalle foglie piccole e dentellate, che crescevano spontanei in montagna o sui sentieri in collina, con spine acute e fiori semplici, a 5 petali, con sfumature di bianco, rosa, rosso, delicati come porcellana: sono le rose specie, non ottenute per ibridazione artificiale o per incroci naturali, come la Rosa canina, la gallica,la phoenicea,la moschata.
Ogni amante che si rispetti, ammettiamolo, si è chinato almeno una volta, in un atto di umiltà, per cogliere una rosa e rendere omaggio alla sua donna .
Il linguaggio dei fiori riserva alla rosa una decina di significati: le corolle bianche simboleggiano purezza, quelle rosse passione, le variegate fascinoso capriccio, quelle gialle la gelosia, quelle rosa la seduzione.
E’ stata regina dei “fedeli d’amore”: Dante, Guido Cavalcanti, Federico II e Guinizzelli.
La scelsero come simbolo Martin Lutero, Giovanna d’Arco, I Malatesta, Maria Tudor.
Non c’è poeta, da Shakespeare a Neruda a Gertrud Stein-Una rose est une rose, est une rose, est une rose- che non ne abbia cantato gli splendori.
Se tutte le rose sono probabilmente originarie dell’Estremo Oriente, forse Cina o India, le prime notizie certe di rose coltivate risalgono all’Egitto dei faraoni: dai roseti lungo il Nilo partivano per Roma, in ogni stagione, ceste e ceste di fiori recisi.
I Romani ne facevano largo uso durante le cerimonie, per ottenere essenze profumate, per fabbricare unguenti medicamentosi e per aromatizzare particolari bevande a base di miele.
Alla fine impararono a coltivarle anche loro, d’inverno, sotto speciali porticati chiusi da lastre di mica e riscaldati da acqua calda in tubi di terracotta.
Dopo il crollo dell’Impero romano la rosa venne trascurata in Occidente per secoli: troppo sensuale la corona di petali che adornava gli idoli pagani, troppo sospetta la corona di spine che aveva straziato Cristo sul Calvario.
L’umanità, nata in un giardino, dai giardini venne allontanata ad opera di molti padri della Chiesa che al simbolo di Venere preferirono la sobrietà delle opere di bene.
Così la rosa diventò prerogativa delle delizie di Baghdad e Chan-ang, l’attuale Xian (città ai due estremi della via della seta).
E le alte mura dei giardini moreschi di Spagna nascosero agli estranei i beni più preziosi della civiltà araba: l’acqua, i fiori, le donne.
Qui la rosa (gul) dominava su ogni altro fiore e le era dedicato uno spazio tutto suo : il gulstan o roseto.
Con l’acqua di rose si aspergevano gli ospiti, come nell’antichità venivano offerte ghirlande di rose, mentre i petali aromatizzavano dessert, paste, sorbetti.
A Budapest uno degli ultimi resti del dominio ottomano è la tomba di Gul Baba, guerriero del cinquecento, che riposa nel mausoleo sulla “Collina delle rose” nei pressi della riva destra del Danubio.
Le rose in Occidente rifiorirono nei giardini cortesi del XII e XIII secolo, anche se la cristianità apprezzava soprattutto la rosa bianca e senza spine, simbolo della Vergine Maria, ma solo verso il 1600 si organizzarono vere e proprie coltivazioni: l’Olanda tentò i primi incroci con una specie giunta dalle americhe, la Rosa Virginiana.
Poi fu un trionfo: si pensi che nel 1810 venne stipulato un trattato speciale tra la marina inglese e quella francese per assicurare una navigazione sicura alle rose cinesi che l’imperatrice Giuseppina aveva ordinato per il suo roseto alla Malmaison.
L’Ottocento fu il secolo più prolifico e appassionato nella produzione di rose, con maestri quali Vibert, Pernet, Ducher e Hardy.
Oggi fioriscono centinaia di nuove varietà e ibridi, sempre più sofisticati e resistenti alle malattie, da utilizzare in macchie, bordure, siepi, pergolati e persino, ahimé, per creare spartitraffico sulle autostrade.
In Turchia ho assistito ad una festa delle rose, che celebra l’arrivo della bella stagione:è davvero un rito pagano, si balla sotto una pioggia di petali di rosa, in un profumo che stordisce e stimola i sensi.
Lì ho imparato a fare il sorbetto di rose , mentre dalla Grecia ho importato la ricetta per preparare un’ottima grappa, che si ottiene macerando boccioli di Maggio.
L’importante sarebbe, però, che la rosa, simbolo perfetto del destino umano, rimanesse nella nostra vita anche dopo averla imparata a declinare sui banchi di scuola.
E’ bellissimo andare ad ammirare i roseti creati dai grandi architetti del paesaggio, come Paolo Pejrone, che ha ideato i giardini più belli d’europa.
In Italia ricordo il Roseto dei Parchi di Nervi (GE), splendido a fine Maggio inizio Giugno.

15 pensieri su “Rosa, Rosae…”

      1. Wow… aspetterò dunque così vedrò di cimentarmi con le tue ricettine… è da tanto che nemmeno brillo riesco a essere… ahaha 🙂

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