
Nevicava.
Entrammo nella pasticceria di Gunther, quella in cima alla salita, con le finestre che guardano sul lago.
Il paese sembrava assorto, addormentato.
Ci sedemmo a un tavolo con vista panoramica e tu cominciasti a raccontare della tua relazione con un uomo che sospettavo fosse in gran parte frutto della tua fantasia.
Ma se questo serviva a tenerti lontana dall’alcool e dalla droga almeno per qualche tempo… allora avrei alimentato il sogno, se necessario.
Ti strinsi con forza le mani che avevi grandi, solide, squadrate, da ragazzo. Tutte e due portavano al pollice strani anelli, trovati chissà dove.
Mentre le nostre dita si intrecciavano, successe una cosa inspiegabile: ti sentii così fredda che mi sfuggì il pensiero della carnalità, semplicemente in quell’attimo avevi cessato di esistere.
Fuori continuava a nevicare: i fiocchi di neve fermi alle finestre.
Parlavi sottovoce, mi dicevi che avresti fatto un viaggio con lui, molto presto.
Io, lo sguardo perso sull’acqua gelida e grigia, seguivo con interesse il bianco pulviscolo che cadeva dal cielo a dissolversi in tutto quell’altro bianco; ora non ero più così sicura che fossi “pulita”, non mi andava di guardar le tue pupille, mentre bevevi caffé turco e agitando le mani accendevi l’ennesima sigaretta.
Eri sempre gentile con tutti, quando riuscivi a star lontana dai tuoi demoni, non ti lasciavi andare agli umori, all’ombrosità.
Eravamo così diverse, amica mia, proprio per questo ti amavo tanto.
E anche per le fossette, che non dimenticavi mai di mostrare, erano un tuo vezzo.
Ricordo che ti augurai una vera storia d’amore, allungandoti una fetta di crostata ai lamponi, che però rifiutasti, con un gesto brusco della mano e un movimento in avanti che portò i tuoi capelli così lunghi e biondi con striature blu cobalto quasi a sfiorare il tavolo sferzando la sigaretta accesa.
Per un attimo volò per aria una scintilla, e un odore acre mi diede un’improvvisa nausea.
Continuavi a parlare, e io percepii con sicurezza che c’era qualche cosa di tragico in quell’amore di cui descrivevi le meraviglie, di testardo, di falso.
Allora seppi con sicurezza che non c’era davvero nessun uomo, ti stavi inventando una vita per me. Di sfuggita, mentre parlavi, mi parve di cogliere nel tuo sguardo una strana luce simile a quei fiocchi di neve, folli e vani, che sembravano immobili nell’aria.
Ebbi paura, volevo dirti di difendere te stessa, ma non sapevo da che cosa.
I miei pensieri erano sospesi a metà, avevo l’impressione di un pericolo, del pericolo di vivere ciò che non esiste, quasi una morte annunciata
Poi tutto tornò tranquillo, quel bagliore si spense.
Ti aiutai a sognare, parlavi di te come di un’altra persona.
Intanto nella pasticceria di Gunther cominciava a scendere l’ombra, come se anche la neve fosse un velario d’oscurità.
Fuori il buio invernale e l’aria gelida ci accompagnarono a casa.
Eppure c’era stato un tempo in cui:
Lunghe strisce di cielo
blu cobalto
si riflettevano nei tuoi capelli
biondi.
Di quale colore avranno dipinto
la fiamma
che li ha consumati?
Lingue rosso-viola
di bocche spalancate?
Ora mi restano le tue ceneri grige, uniformi, scomparso il biondo e il blu cobalto, hanno la stessa fissità dei fiocchi di neve di quel giorno.
A Kate
