La regina nera

Sono arrivata da lontano, l’ultima invitata, quella che ormai non si aspetta più, odiata e amata, conscia senza scrupoli della propria bellezza.
I miei occhi li potete trovare nei camposanti, accanto a una pietra tombale:c’è uno stelo e sullo stelo un’iride viola. La mia.
A volte una violenza nascosta mi sale dall’anima al viso sfumandone i contorni come riflesso nell’acqua.
Allora l’occhio di chi “sa” mi riconosce.
Stretta in un abito nero, più nero dei miei capelli, scure d’un rosso malato le labbra, avanzo sui tacchi alti, con la sicurezza di una regina, trascinando uno scialle di pizzo prezioso che pare animarsi a ogni mio passo.
Indosso un fisso sorriso da maschera proiettando la mia ombra sui vostri vestiti dai colori vivaci, quelli della menzogna, che non mi si confanno.
Io sembro la vedova di me stessa.
Ma si intravvedono prepotenti i seni mentre infatuata della mia bellezza la porto in giro con fierezza guerriera.
Lo scialle cade all’improvviso nella polvere,tu ti chini per raccoglierlo ma un mio tacco appuntito te lo impedisce:
-Lascialo a terra-
Imperiosa e fredda ti bacio rivelando la nostra intima conoscenza: a me, alla regina, tutto è permesso.
-Scusate se sono in nero- mormoro- ho appena perduto il mio amante in un incidente d’auto-
Spudorata menzogna: non ti ho rinnegato, ho solo preannunciato la tua morte.
Mi guardi,un lampo di paura ti scurisce le iridi e rivedi l’idolo seminudo seduto su una sedia traballante al centro di quella polverosa stanza vuota nella tua mente.
Ora mi hai riconosciuta.