Il 21 Agosto del 1614 muore a Csejthe( Ungheria)Ersébet Bathory la”Contessa sanguinaria”(FINE)

I.A.

Il tribunale che infine la processò insieme alle sue serve complici condannò le stesse al rogo come streghe e Lei ad essere murata viva nel suo castello preferito, quello di Csejthe; perché non era pensabile che una nobile potesse subire la loro medesima condanna.
Allora, per eseguire la sentenza vennero dei muratori che chiusero l’una dopo l’altra le finestre della stanza nella quale Ersébet vedeva man mano scemare la luce.
Le lasciarono solo in alto una fessura dalla quale poteva entrare un filo di luce e di aria; fu murata anche la porta d’ingresso, dove fu lasciato uno sportello da cui si potesse introdurre un po’ di cibo e dell’acqua.
Terminato il lavoro, agli angoli del castello furono innalzati quattro patiboli, ad indicare che là dentro viveva un condannato a morte.
E qui continua la fantasia:
Ora il castello è deserto, Elisabetta non ode più alcun rumore, se si escludono il frusciare del nibbio e la voce del vento.
Mai fuoco, neppure una piccola luce.
Raggi di sole e di luna scendono regolarmente secondo le stagioni e le notti.
Freddo mortale.
Ersébet invoca la strega Darvulia, sua Maestra, regina della foresta.
Cammina trascinandosi appresso le pellicce di lupo che le sono rimaste addosso, per tutto il giorno e la notte, cosicché lì dentro si può vedre solo quella lunga belva nera, irta di pelo lucente, col viso bianco di gesso dagli occhi neri febbrili: quegli stessi occhi pieni di fantasmi che aveva quando era giunta a Csejthe bambina già fatta di una lussuria crudele, incestuosa e folle, abituata a dominare tutti con la sua bellezza oscura.

Un anno poi due; bisogna vivere, reggersi su quel piccolo strato di humus di strega.
Un’altra donna fatta solo di pallida e debole luce avrebbe ceduto alla paura, al pentimento.
Lei invece rimane salda sul suo terreno, sui suoi diritti, sulle sue decime, su ciò che il paese le deve per eredità.
I pipistrelli, che vivono lassù in gran numero si infilano nella fessura e trovando dentro buio fanno il nido nelle tende cremisi e aggiungono il loro odore di morte a quello della stanza.
Le estati sono solo un po’ di caldo e una striscia di luce più viva, l’inverno il freddo costante e la giornata più corta.

A volte giunge anche un profumo di biancospino e un suono allegro di cinguettii, odore di muschio, di pioggia, lamenti di uccelli che migrano.
Tutte cose appena percettibili…
Visse così per tre anni e mezzo, senza speranza e senza chieder grazia, mezza morta di fame e di freddo.
Si spense lentamente senza chiamare nessuno né mai invocò il conforto della religione.
Non scrisse una domanda di grazia, ma solo il testamento che rifece nel pieno possesso delle sue facoltà mentali un mese prima di morire.
Lasciò questa terra alla fine di Agosto del 1614 senza croce e senza luce, sola, quando Mercurio, prendendo possesso del cielo, lo rende nefasto a coloro di cui ha avvelenato lo spirito.