Narra un cronista del tempo, certo Krapinai Istvàn:
-Elisabetta Bàthory, sposa dell’alto signore Francesco di Nàdasdy, Magistrato del Re e grande Maestro dei cavalli, rimasta vedova, essendo stata giudicata da codesto tribunale infame ed omicida è morta nella sua prigione di Csejthe.Morta all’improvviso, senza croce e senza luce, il 21 agosto 1614, di notte-
Si calcolò, al tempo del processo, che la Contessa Bàthory avesse fatto uccidere o ucciso lei stessa 610 giovanissime vergini ragazze dopo averle stuprate e atrocemente torturate; alle disgraziate venivano aperte le vene perché il loro sangue spillasse nella vasca da bagno pronta per Elisabetta, la quale con tali abluzioni pensava non solo di rimanere eternamente giovane, ma anche di vivere in eterno.
Dello stesso sangue si abbeverava direttamente dalla giugulare della vittima di turno che spesso aveva finito a morsi, divorandone le carni.
Spesso i lavacri che seguivano erano assai sommari, per far sì che il sangue delle ragazze restasse il più a lungo possibile a contatto della pelle: possiamo quindi immaginare che il profumo della nobildonna non fosse propriamente di rose.
A questo proposito vorrei ricordare il capolavoro del regista Walerian Borowczyk “Immoral tales”del 1974 nel quale un episodio è dedicato alla contessa; visivamente straordinario con una sensualissima Paloma Picasso non è però assolutamente fedele al personaggio storico della nobildonna: di certo pizzi e veli, profumi d’oriente e carezze da Mille e una Notte non le sono mai appartenuti.
La Contessa sanguinaria, come fu chiamata in seguito, veniva da una terra, l’antico paese dei Daci, nella quale il paganesimo e la magia erano sovrani.
Nella foresta, realtà o fantasia, vivevano il lupo, il drago, il vampiro, che non si erano arresi agli esorcismi dei vescovi e che accorrevano al richiamo della strega.
In questa terra impregnata di magia nera, all’ombra della sacra corona d’Ungheria, era nata Elisabetta, con i suoi demoni, nel 1560, da nobile famiglia Ungherese.
Aveva tre fratelli, il primo, Istvàn, degenerato, vizioso e crudele, fu l’unico uomo di cui si innamorò, appena decenne; con lui sperimentava le pratiche sessuali allora in vigore in Europa.
Fu data in sposa quindicenne al conte Ferencz Nàdasky, che non amò mai e che da parte sua la ignorò tranne che per il tempo di farle fare quattro figli.
La contessa non aveva istinti materni: i pianti dei bambini le provocavano mal di testa feroci e finì per ignorarli affidandoli alla servitù.
Non mi dilungherò qui sulle pratiche di magia da lei esercitate fin dall’infanzia.
Fu un’esperta di veleni che somministrò in ampia misura e di invocazioni a Satana, con il quale pare avesse uno strettissimo rapporto. Di sicuro fu una feroce assassina e autentica vampira.
Forse era lucidamente pazza, non lo sapremo mai. (CONTINUA)

