Il gallo di latta e la tempesta

Un odore africano saliva dal golfo attraverso la scogliera coll’aumentare dell’umido libeccio.
Gli alberi del parco s’impennavano come cavalli sul punto di saltar la staccionata.
Solo le petunie e le campanule se ne stavano immobili sedute sulle pietre dei sedili come vecchie signore un poco spettinate dopo la festa del loro compleanno.
Le bignonie rampicanti adagiate nella larga culla del muro rovinato vibravano danzando in bagliori d’arancio nel lividore della sera.
Un fico d’india graffiava i vetri con le spinose unghie.
-Questa notte non dormiremo- sussurrò qualcuno.
La casa palpitava agli assalti del vento che correva sui tegoli e precipitava dal tetto come un ladro maldestro.
Dalla scogliera saliva il fragore del mare cupo e compatto muro sonoro che le note degli infissi -flauti violini timpani-tentavano di sbrecciare.
Sul tetto della grande casa il gallo di latta gemeva indeciso scricchiolando testa e coda in rotazione incerta.
Ma la tempesta ci sfiorò soltanto: vidi una luna coronata slittare lentamente sulla cima dei cipressi
e il veliero di mezzanotte pirata dei miei sogni doppiare capo Bianco.
Allora mi addormentai nel tuo calore.