
In applicazione alla nuova legge atta a togliere alla morte ogni ingombro mi è arrivato l’avviso di presentarmi direttamente al luogo dove sarò cremata, poiché ormai è questione di ore.
L’avvenimento è importante,certo, ma non di particolare gravità.
Tanto che sei tu stesso a dirmi:
-Preparati-
con lo stesso tono che usava mio padre quando da bambina mi portava dal dentista esortandomi a non aver paura:
-Non è nulla, vedrai, sarà questione di un attimo-
Cercando di tener bene a mente quelle lontane raccomandazioni, mi acconcio indossando un vestito decente, lo sguardo atteggiato e sereno, le labbra tese in un forzato sorriso, deglutendo appena un poco nel domandare:
-C’è altro? Vado bene così?-
Vorrei aggiungere che sono troppo giovane per morire, ma sarebbe inutile.
Andiamo a piedi in un posto che non conosco, in un paese che non è il mio, su una terrazza di costa che guarda a ponente.
Splende un sole caldo, intorno a me non vedo nessuno dei miei amici o parenti.
Entriamo in un ufficio dove una signora, che sembra aspettarmi, ci fa accomodare, con un burocratico sorriso.
-Prego di là- dice.
Nella penombra di un grande locale vedo la bara, aperta, di legno rozzamente squadrato.
Con una rapida e curiosa occhiata nel suo vano oscuro misuro la mia altezza.
Distrattamente penso che deve costare carissima, in genere se ne fa a meno… ma tu sei sempre così rispettoso con me…
Dello stesso legno è anche l’attrezzo compreso nell’acquisto della cassa, la “cosa”che dovrà finirmi.
-Sarà questione di un attimo, vedrai- mi rassicura la signora mettendomi una mano calda sul polso, a rincuorarmi.
Tu presti molta attenzione allo svolgersi degli avvenimenti, la stessa di chi ha fatto una spesa importante e non vuole sbagliare.
Il marchingegno fornito con la cassa è una specie di garrota che mi stroncherà il collo con un secco crac.
So che non devo aver paura, del resto me lo impone la legge.
Allora, dopo aver discusso del prezzo, in verità accettabile, domando se dovrò essere rasata, come è capitato a Guido, operato inutilmente.
La donna scuote la testa e con voce suadente dice:
-Non sarà niente, stai tranquilla, non fare la bambina-
forse perché, nel frattempo, mi sono messa a piangere.
Ma a questo punto mi son detta: basta.
-Pagherò per quello che sto per fare, signora, mi scuso del disturbo-
E scappo giù per la stradina, mai le mie gambe son state più veloci.
Dietro di me è tutto un vociare, di certo mi riprenderanno.
Ma non importa; anche se è soltanto questione di ore oggi c’è un bel sole, voglio vivere la mia morte, perché morire la mia vita, davvero, non è naturale.

Bellissima!
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potrebbe anche essere…la morte programmata…
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mon dieu rabbrividisco, la morte decisa dallo stato… e perché no, potrebbe anche essere, importante che ci sia qualcuno che si ribella…qualcuno che non è ancora un automa
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ci sarà sempre…almeno me lo auguro
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avrò gli incubi stanotte…complimenti per il pezzo, davvero insolito e unico…potrebbe diventare un racconto lungo
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infatti…avrebbe dovuto…
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L’analogia tra la vita e la morte è affine alla fuorilegge, interdetta tanto alla lettura quanto al detto rinuncia, in linea di massima, al vivere come se dovessi morire.
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non hocapito niente…se magari fossi più chiaro…
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Nelle conseguenze significative della legge una fuorilegge non è una disadattata, reputa, invece, inopportuno tanto leggere la massima – vivere come se dovessi morire, quanto recitarla nel dire.
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lasciamo perdere, o.kappa?Amo la chiarezza d’espressione e concetto, le tortuosità verbali e di concetto non fan per me.ciau
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Una dispersione alla lettera o una diaspora letterale.
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come esemplificazione è eccezionale… bravissimo, ma risparmiami altre tue esibizioni, non sono divertenti,grazie!
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