Quel corpo sconvolto d’uccello

solitudinedea

Questa fine estate è così fulva, così lacerante nel suo splendore morente che oggi mi chiedo come farò a sopravviverle.
E’ possibile sopportare la vista di tanta vitale bellezza senza rimanerne accecati?
Poi qualcuno cammina sulla mia tomba e nel gelo improvviso che mi toglie il respiro un pensiero lucido e netto mi attraversa la mente:
-Che cosa ne sarebbe se io morissi ora della follia delle nostre notti, delle parole sussurratenelle tenebre, dell’innominabile segreto della nostra mai sazia sensualità?
Violenza, bellezza, onore del piacere, dove finirebbero?
Dopo aver costruito insieme una cattedrale rimarrebbero solo dei sassi sparsi e appuntiti aricordarlo-
Chiudo gli occhi e trattengo il respiro: il dolore è breve ma lancinate.
Convalescente, ancora febbricitante, guardo il sole bianco nella morente calura e, controluce, sfumare certi personaggi che sembrano usciti da “Morte a Venezia”di Visconti.
Avvolta nel confortante patchwork della mia solitudine, mi isolo nella magia dell’adolescenza sognante, in tutto ciò che non dovremmo mai abbandonare ma che la vita  Bloody Mamma, Giocasta e alla fine sempre Medea, ci costringe a disertare.
Solo che oggi qui, in questa fine estate trionfante di gloria, niente e nessuno mi impedirà di riprendermi quel corpo di cui parla Eluard:
-Il corpo magro e vanitoso, la bestia della mia infanzia, quel corpo sconvolto d’uccello…-

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