La leggenda del lago di Carezza- con un po’ di viki in aggiunta-

lago-carezza1280-770x480

Il Lago di Carezza, incastonato nella fitta foresta ai piedi del Latemàr, nelle Dolomiti, ènoto per il gioco di colori delle sue acque cangianti durante la giornata, dal verde/blu,al rossastro, dall’oro fino al grigio cupo dei temporali: per questo motivo nella lingualadina viene chiamato anche “Lec de Ergobando” (o “arcoboàn”), cioè “Lago dell’arcobaleno”,un nome che gli si addice perfettamente.
Infatti, mentre gli altri laghi montani rispecchiano acque azzurre o verdi, quello diCarezza ha in sé tutti i colori dell’iride.
L’origine di tanta peculiare bellezza potrebbe trovarsi in questa antica leggenda alpina.

Molto, molto tempo fa, quando le fate e le ninfe popolavano ancora i boschi e le acque e,seppur raramente, era dato anche agli umani vederle, nelle profondità del lago di Carezza, in un magnifico palazzo tutto di madreperla e di marmo, abitava appunto una ninfa, Ondina, di straordinaria bellezza.
Ondina era solita, nelle notti di luna piena, raggiungere le rive del lago per cantare allastregua di un usignolo, tanto che tutti gli animali che abitavano la fitta foresta diconifere che si può ammirare ancor oggi attorno allo specchio d’acqua si radunavanointorno a lei e in silenzio si beavano del suo canto.
All’alba la fanciulla con un tuffo tornava nel suo palazzo lacustre, le agili gambemutate in coda di pesce: diventava in tutto e per tutto una sirena.
Qualche volta usciva anche di giorno, in pieno sole.
Le piaceva lasciarsi accarezzare dai raggi, distesa sulle rocce della riva.
Si racconta che i pochi uomini che ebbero la fortuna di vederla abbiano terminato la lorovita in preda alla pazzia dopo aver cercato lei in ogni donna che incontravano.

Vicino al lago, nelle foreste che salgono fino alle cime del Latemàr, abitava un grandeMago: la sua era una magia cattiva, distruttiva e il suo potere grande.
Una notte dalla torre più alta del suo castello tra le rocce, udì un canto da cui fuirresistibilmente attratto; il vecchio, orrendo a vedersi, brutto di malvagità, per laprima volta in vita sua si sentì quasi umano: pareva che le pietre del suo cuore sistessero sgretolando al suono di quella melodia.
E volle sapere a chi apparteneva la voce incantata.
Così furtivamente si avvicinò al lago e quando vide la splendida donna che coperta solodei suoi capelli cantava alla luna… seppe che doveva averla, in ogni modo.
Uscì allo scoperto, per avvicinarsi a lei.
Ma come Ondina vide quel vecchio orrendo dalle mani adunche che si avvicinava- seppesubito chi era, riconobbe il Male, lei che era di natura divina- con un balzo scomparve nelle acque, lasciando al Mago solo il ricordo della sua bellissima immagine.
Da quel giorno lui provò in tutti i modi a catturare la Ninfa: usò i trucchi deltravestimento, ma lei lo batteva in velocità, agilità e infine l’acqua era il suo elemento mentre il palazzo dove si rifugiava nelle profondità lacustri la proteggeva dal potente Stregone, il quale, vedendo fallire ogni tentativo di catturar la preda, veniva preso sempre più spesso da crisi di rabbia paurose; allora scatenava sul Latemàr furiosi temporali e scagliava nel lago fulmini apocalittici: ma Ondina, al sicuro nel suo palazzo , rideva di lui, e la sua risata, tra il frastuono degli elementi, arrivava al Mago, nel cupo castello tra le rocce, portandolo alla disperazione.
Così, un giorno, a malincuore, si decise a salire sul Vajolòn per consultare una “Striadel Masaré”, che abitava lassù in una caverna: era costei una creatura malefica quanto luima infinitamente più astuta.
La vecchia megera, dopo averlo ascoltato, si mise a ridere e disse, con voce chioccia discherno:
– Ma guarda il grande Mago che si fa prender in giro da una piccola Ninfa, da noncrederci.
Allora ascolta:
Ondina , la tua bella, non ha mai visto un arcobaleno.
Tu creane uno, che abbia un capo sulle vette del Latemàr e l’altro sulla riva del lago.
Bada di farlo con i colori più splendenti che la tua magia può inventare, deve brillare piùdel sole.
Ondina non potrà fare a meno di uscire per veder una simile meraviglia, per leisconosciuta.
Intanto tu ti travestirai da mercante, con folta barba bianca e lunghi capelli che ticopriranno in parte il viso; inoltre darai alla tua voce un tono suadente, amoroso, pacato.
Porta sulle spalle un sacco con oggetti preziosi: oro, argento, diamanti.
Avvicinati al lago con passo tranquillo, sì da ispirare fiducia e quando sarai
arrivato all’acqua, mormora tra te e te “ eccolo il famoso tessuto con cui si cesellano igioielli dell’aria, i più belli del mondo…”; così dicendo taglierai un pezzetto diarcobaleno e fingendo di metterlo nel tuo sacco in verità farai uscire da quest’ultimo i meravigliosi ornamenti che contiene.
Ondina ti si avvicinerà, perché è pur sempre una donna e i gioielli la attirerannoinesorabilmente.
Allora tu le spiegherai che son fatti appunto con la stoffa di quell’enorme arco colorato,che tu stesso ne sei il creatore e che principesse e regine di tutto il mondo se ne adornano.
Poi la inviterai a casa tua , per poterne ammirare alcuni assai più belli di quelli chelei di sicuro ormai starà già accarezzando.
Ti seguirà e tu potrai tenerla prigioniera per sempre-

Il Mago si convinse che il piano era buono; così il giorno stesso salì sul Latemàr
e vi creò un magnifico arcobaleno, che inarcò al di sopra dei boschi fin laggiù, al lago diCarezza.
Ondina si accorse subito di quella meraviglia, che irradiava riflessi splendenti fino alsuo palazzo; uscì fuori e come lo stregone vide emergere dalle acque quel corpo splendidoche piano piano gli si rivelava in tutta la sua divina perfezione…perse ogni prudenza; simise a correre a perdifiato verso l’arcobaleno e verso l’oggetto del suo desiderio,dimenticando barba e capelli candidi da innocuo mercante, nonché il sacco appropriato dellamercanzia.
La Ninfa lo riconobbe immediatamente e con una risata e un balzo, tornata sirena, fu alsicuro in fondo al lago.
Il povero Mago fu colto allora da un’ira tremenda: cominciò a sradicar alberi, a sollevarpietre e macigni che gettava nel lago.
Alla fine afferrò anche l’arcobaleno, la sua creatura –trappola: lo distrusse in millepezzi e gettò anche quelli nelle acque di Carezza.
Poi ritornò al suo cupo castello tra le rocce per non uscirne più.
Intanto i frammenti di arcobaleno si andavano sciogliendo nel lago, donando alle sue acque tutti i colori dell’iride .
Ondina riuscì a tenerne per sè qualcuno: così per gioco a volte, ancora oggi, lisbriciola, sceglie un colore particolare e si diverte a colorar di polvere rosa le cime dei monti circostanti.

13 pensieri su “La leggenda del lago di Carezza- con un po’ di viki in aggiunta-”

Lascia un commento