Souvent, pour s’amuser, les hommes d’équipage
Prennent des albatros, vastes oiseaux des mers,
Qui suivent, indolents compagnons de voyage,
Le navire glissant sur les gouffres amers.
A peine les ont-ils déposés sur les planches,
Que ces rois de l’azur, maladroits et honteux,
Laissent piteusement leurs grandes ailes blanches
Comme des avirons traîner à côté d’eux.
Ce voyageur ailé, comme il est gauche et veule!
Lui, naguère si beau, qu’il est comique et laid!
L’un agace son bec avec un brûle-gueule,
L’autre mime, en boitant, l’infirme qui volait!
Le Poète est semblable au prince des nuées
Qui hante la tempête et se rit de l’archer;
Exilé sur le sol au milieu des huées,
Ses ailes de géant l’empêchent de marcher.
L’ALBATRO
Spesso, per divertirsi, gli uomini d’equipaggio
Catturano degli albatri, grandi uccelli dei mari,
Che seguono, indolenti compagni di vïaggio,
Il vascello che va sopra gli abissi amari.
E li hanno appena posti sul ponte della nave
Che, inetti e vergognosi, questi re dell’azzurro
Pietosamente calano le grandi ali bianche,
Come dei remi inerti, accanto ai loro fianchi.
Com’è goffo e maldestro, l’alato viaggiatore!
Lui, prima così bello, com’è comico e brutto!
Qualcuno, con la pipa, gli solletica il becco,
L’altro, arrancando, mima l’infermo che volava!
Il Poeta assomiglia al principe dei nembi
Che abita la tempesta e ride dell’arciere;
Ma esule sulla terra, al centro degli scherni,
Per le ali di gigante non riesce a camminare.
Commento e analisi:
Baudelaire paragona se stesso (e il poeta in generale) all‘albatro, quell‘uccello che è magnifico ed elegante in volo, ma sgraziato e goffo quando tenta di muoversi a terra. Sì, perché ogni poeta si sente forte e potente mentre compone, però dalle persone “normali“ viene lasciato in disparte e deriso -è Lui che, avvezzo alla tempesta, si ride dell‘arciere: ma esiliato sulla terra, fra scherni, camminare non può per le sue ali di gigante-. Così Baudelaire è riuscito in pochi versi a trasmettere il malessere del poeta, di colui che cerca sempre il significato profondo delle cose e non si ferma alla superficie, che vuole andare al di là della realtà ma che non viene compreso dagli altri. Spesso, per divertirsi, i marinai catturano degli albatros, grandi uccelli marini. Appena li poggiano a terra, questi animali maestosi diventano ridicoli. Hanno grandi ali (l’apertura alare arriva a circa 4 metri) ma il corpo è piccolo rispetto ad esse per cui, pur essendo maestosi in volo, diventano ridicoli quando tentano di camminare. A questo punto i marinai iniziano a torturare
l’uccello, lo deridono mimandone l’andamento goffo. Il poeta, dice Baudelaire, è simile al principe delle nubi, che sfida la tempesta e se la ride dell’arciere. Una volta però esiliato sulla terra le sue ali di gigante gli impediscono di camminare. Quello del poeta di Baudelaire non è solo il “malessere di un secolo” ma anche quello attuale, di tutti quegli uomini che non riescono trovare, in mezzo agli altri, la possibilità di potersi esprimere e di essere compresi.
Ancora una volta i versi del Poeta trattano di incomprensione che non va interpretata solo e semplicemente come “convinzione di superiorità” ma anche come “incapacità” insita in molti umani di trovare negli altri una possibilità di comunicazione.
Estratto da http://www.scuolissima.com
Ecco perché amo tanto questa poesia di Baudelaire: la solitudine e l’incomunicabilità sono il marchio dei nostri tempi…
Inserisco l’omaggio musicale di Cix79,perfetto qui… ti ringrazio… smuakk!!!



Ti passo una canzone a tema
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che bella, grazie, la inserisco nel post! grazie
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