Questo scritto vuole essere un omaggio al grande regista scomparso che ultranovantenne, alla domanda:
-Maestro, come sta?- rispose
-Benissimo, alla mia età o si sta bene oppure si è morti.-
Prima di ricostruire l’esilarante e tragico episodio dell’incontro del Branca con la “Grande Falce”, vorrei parlare brevemente di questo film, l’Armata Brancaleone (1966), il cui successo di pubblico e di critica non fu certamente casuale.
E qui mi rifaccio alle parole dello stesso Gassman:
-Tre son le componenti che hanno determinato un tale risultato: la ricerca storica, molto accurata, l’invenzione di una nuova lingua, un dialetto, da parte di Age e Scarpelli e infine la retorica grandiosa, dichiarata, di Monicelli.
Infine mi devo aggiungere anche io, non è il caso di fare il modesto, che ero il protagonista giusto, nella scia del personaggio costruito da loro: un Matamoro piuttosto coglione, un Don Chisciotte andato a male, un retorico Capitan Spaventa che mi era, come si è visto , molto congeniale-
Aggiungo che la collaborazione di Piero Gherardi, scenografo e costumista è stata importantissima: basti pensare all’invenzione dell’aspetto fisico del Branca, con quella capigliatura ispida e quel costume da samurai.
E ribadisco l’eccezionale importanza linguistica dell’opera: come dimenticare il monaco Zeppone Palamede (Enrico Maria Salerno) con il suo fanatico grido:
-Lo cavalcone è saldo…
e il suo successivo rovinoso scomparire nelle acque tumultuose del fiumiciattolo sottostante.
Il film insomma è ottimo proprio perché il ridicolo, la farsa, la guitteria nascono dallo squisito, dal colto e dal raffinato.
Per finire con queste osservazioni spicciole, Brancaleone è un personaggio emblematico, complesso, tanto che penso gli si potrebbero agevolmente far attraversare luoghi ed epoche diverse, trattandolo all’incirca come Voltaire ha trattato il suo Candido.
Prima di narrare l’incontro del fiero condottiero con la peste, vorrei ricordare la composizione della mitica armata al completo.
Ed ecco il comandante supremo Brancaleone da Norcia a cavallo di Aquilante, cavallo dall’inconsueto pelame giallo, dalle orecchie asinine e piuttosto cocciuto, arringare i suoi prodi stracciati e affamati appellandoli:
-Taccone-
-in loco-
-Abacuc-
-in loco-
-Pecoro-
-in loco-
-Mangoldo-
-in loco-
A costoro è da aggiungere il bizantino cinico, astuto e disincantato Teofilatto ( un G.M. Volonté d’annata con l’erre moscia) che dopo il fallito tentativo di riscatto attuato, per suo stesso disegno, ai danni della propria corrotta e incredibile bizantina famiglia, segue da lontano colui che lo fece prigioniero in un memorabile duello ( mietono da soli con gli spadoni una collina di campi di grano).
L’armata è diretta ad Aurocastro, per prender possesso di quella città, grazie a una carta-pecora proditoriamente sottratta a un gigantesco guerriero che dovrebbe esser morto, ma che poi si scopre morto non è.
Per i poveracci sempre affamati quel feudo apparentemente ricco di ogni ben di dio nonché di donne dalle bianche puppe è l’Eldorado.
Ordunque la schiera, procedendo in fila longobardica, si trova ad affrontare una stretta e contorta via in salita; all’improvviso ai nostri appaiono le mura di una città costruita su un unico blocco di tufo, umido e arcigno.
Abacuc, il vecchierello ebreo che si trascina sempre dietro la cassapanca in cui son contenuti tutti i suoi averi e che gli serve pure da giaciglio per la notte, chiede al suo Duce che può essere quel paese.
E il Branca con spavalda sicurezza risponde:
-Di certo S. Cimone o Bagnarolo o anche Panzanatico.
Passeremo qui la notte.-
Varcate le porte della città si accorgono del silenzio più completo, ma continuano ad avanzare, meno Teofilatto, che sistemata la sacca con i suoi averi per terra ci si siede sopra e aspetta.
Perfido lo sguardo e il sorriso.
Alcune tende sventolano dalle finestre, quà e là usci aperti, e nessun s’accorge di un paio di piedi che spuntan da dietro un cantone, visibilmente appartenenti a un cadavere.
E qui Gassman si esibisce in una delle sue migliori performance; spadone in mano e capello irto sul cocuzzolo tuona:
-Son forse tutti spariti al nostro apparire?-
Poi è un affannoso e ingordo correre degli armati dentro le case, dalle quali escono con formaggi, salsicce intorno al collo, vasellami.
S’odono grida:
-Qui c’é cacio e sosizza-
-Questo manto è mio!-
-Lo vide io avante!-
E il Branca non s’accorge che nel cielo volteggiano uccelli dalle strane quanto odiose abitudini perché ha inteso un suono leggero, come di mandola.
Non sa da dove proviene, si guarda intorno incerto poi avanza verso una casa urlando:
-Ehilà-
Il suono cessa di colpo e da dietro una finestra buia si mostra un dolcissimo viso di donna ( M.G.Buccella) vestita di nero.
Per cui in tutto quello scuro appare solo il candore del volto e quello di due mani che repentinamente aprono la veste per mostrare un seno candido come la neve.
Brancaleone infila la porta di quella casa con la velocità della lepre, perché è noto il protratto digiuno di carne femminea dell’indomito cavaliere.
La voce della donna gli fa da guida:
-Sulla mandola
lo meo canto s’invola,
cuccuruccù
cuccuruccù…-
Dopo aver brancolato nella penombra il Nostro arriva alla stanza della femmina, che assisa,pizzica lo strumento e canta.
Bellissima, dalle forme opulente, scarsamente ricoperta di veli neri.
Niente affatto sorpresa dall’ingresso del Branca, gli sorride porgendogli le labbra arrotondate in quella curiosa parolina “cuccuruccù”.
Lui con frenesia si libera della ferraglia che cadendo a terra rimbomba nella casa vuota con rumore sinistro.
Poi abbraccia la donna con ardore e cerca di infilare il viso nello scollo, ma lei gli sfugge, coglie un chicco di uva passera che mette tra le labbra, il condottiero glielo toglie e lo ingoia farneticando dolci parolette proprie di momenti come quelli:
-Bella, dolce, tenera, ma chi tu sie…–
La donna gli sguscia via, con la gola bianca palpitante e i capelli in tempesta :
-Godiamo, pecchiamo- dice- che è la vita? Che ci resta di viverla?-
Brancaleone con un balzo la cinge, si muovono avvinti come in un ballo, perdono l’equilibrio, cadono e rotolano senza lasciarsi.
Poi lei si rialza e ancheggiando si sfila quel poco di veste che la ricopre e mormora al poveraccio, ormai fuori di sé dal desiderio:
-Dammiti, prendimi, cuccuruccù, prendimi e dammiti, cuccuruccù…-
Il Branca la afferra, la solleva tra le braccia e si dirige verso il grande letto in fondo alla stanza, drappeggiato di veli neri.
Lei si dibatte e mormora spaventata:
-No, su quello letto, no!-
-Lo perché? Dammiti, prendimi…-
-Vi morì mio marito-
-Ulla. E quando?-
-Iere-
Brancaleone si blocca, titubante, le sopracciglia che si congiungono buffe sopra il naso.
-Iere? E di che malanno?-
-Come di che malanno? Dello malanno che tutti ci piglia: la peste! Godiamo, pecchiamo, finché semo in vita, cuccuruccù…-
L’accento dell’ultima parola è tutt’uno col tonfo del sedere della vedova sul pavimento.
L’indomito duce l’ha fatta cadere sbiancando.
Scavalca quindi con furia il corpo della donna ammutolita, raccatta con precipitosa bracciata tutta la sua roba e con un balzo è fuori.
Esce ciabattando dalla casa dell’appestata, disperato e urlante:
-La peste, la peste, omini, la peste!-
Corre quà e là, che il terrore gli infiamma lo posteriore, chiamando a raccolta la schiera.
Da questa e quella casa gli omini escono di furia e prendono a sputare i cibi che stanno divorando, strappandosi di dosso i vestiti con cui si sono impiumati.
-Aquilante, la peste!!!-
Il cavallaccio, che sta ruminando in un paiolo, capisce la gravità e scappa senza attendereil padrone che lo insegue, a sua volta inseguito in fuga precipitosa dagli altri.
Si trovano a scavalcare alcuni cadaveri abbandonati in mezzo alla via e intanto il cielo si oscura, presagio di una gran brutta notte.
Branca Branca Branca…Leon Leon Leon…
https://www.youtube.com/watch?v=VoFuUizCjC8
L’armata Brancaleone e la peste- Dammiti, prendimi… cuccurucu’! sequenze tutte da godere!


Grande interpretazione…ottimi regia e scelte scenografiche!
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un capolavoro di film…l’avrò visto mille volte!
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Un grande film, confermo. Grandi interpreti, grande regia, le scene sul Flora, la corte di Bisanzio , Civita di bagnoregio , la peste. Un mondo di stupore. Un abbraccio Viki
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ricambio enrico…
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Quoto enricogarrou.
In Ot
Quando puoi controlla la posta…
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sì tra un po’ vado, oggi è giornatina…
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Il mito di Leonardo da Vinci non è destinato a spegnersi, anzi. Milano lo ha recentemente celebrato con una mostra grandiosa, in concomitanza con Expo 2015, e altri prestigiosi musei internazionali continuano ad omaggiare la sua genialità. La Notte Leonardo, in onda stasera dalle 21.10 su Sky Arte HD, ci condurrà sulle tracce del maestro rinascimentale, indagando pregi – e misteri, persino – dei maggiori capolavori realizzati dall’ impareggiabile artista.
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ciauuu
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