Prisma ovvero delle personalità multiple(epilogo)

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Marie veniva svegliata all’alba, costretta a lavarsi con l’acqua gelida presa dal pozzo, poi mandata fuori per ore a cercar legna nei boschi ricoperti di neve con addosso vestiti vecchi e insufficienti a proteggerla dal freddo.
Irrigidita dal gelo e stordita dalle osservazioni sarcastiche di Tina, la prima a comparire nella sua mente, veniva richiamata in casa per un pasto a base di cibi precotti e di qualità scadente: se non le andava, la pazienza degli adulti si esauriva e il cibo cacciato via.
Allora era arrivata Nela, la piccolina.
Piangeva e si strofinava il pancino vuoto; poi quando la rabbia infantile esplodeva, batteva i piedi.
Gli occhi dei “grandi” vedevano e le mani agivano.
Interveniva Tina parlandole come farebbe una madre con un bambino capriccioso:
-Spero tu abbia imparato qualche cosa da questo. Sei una bambina capricciosa e cattiva e le bambine cattive vengono punite.
Sempre.
La mamma e “lui” non ti vorranno bene se continui così.
E’ stata Marie, vero, a istigarti?
Lo sapevo, è colpa sua, come sempre.
Ma ora imparerà la lezione, non è vero , Marie?
Vieni qui, dammi il polso…-
E il coltello iniziava a tagliuzzare.
-Basta sporcare di sangue il pavimento, ché poi tocca a me pulire; hai capito oppure no?
Devo insegnartelo con il solito sistema?-questa era Marta, con la voce di sua madre.

Ma un giorno Marie si ribellò alle creature che erano venute ad abitare nella sua mente senza che lei le avesse invitate.
Chi era mai Tina per minacciarla di punizione e cercare di attuarla?
Non spettava a lei decidere, e non erano affari suoi e neppure delle altre quello che avrebbe o non avrebbe fatto.
Doveva fermarle, non poteva sopportare un attimo di più la loro ingerenza.
La confusione l’annebbiava. Loro sapevano del suo piano e progettavano di prendere il sopravvento.
Frammenti di pensieri salivano in superficie e minacciavano di toglierle il controllo;così cercò di rimandarli nell’oscurità , nel buio più profondo della sua mente.
-Devi essere punita-
-Pulirò io, non ti preoccupare-
-Bambina cattiva Marie, molto cattiva-
-Il coltello, Marie,dammi il coltello-
Raccattò da terra il coltello sporco, lo fece scorrere lungo il fianco del vestito di velluto verde e inspirò profondamente per calmarsi.
Era lei che comandava adesso, lei che stabiliva le regole.
E poteva porre fine all’esistenza di tutte “loro”.
Chi poteva fermarla?
Non certo quella che si nascondeva-lei -che se ne stava rannicchiata in un angolo buio della mente cercando di farsi piccola e insignificante, invisibile.
Restava una sola cosa da fare.
Affondò il coltello nel ventre piatto.
Sentì solo una lieve puntura.
Un leggero sorriso le aleggiò sulle labbra prima che perdesse i sensi.

Bussarono alla porta con tale insistenza che Marie riprese debolmente conoscenza.
Li sentì parlottare tra di loro, bussare di nuovo poi intuì che sarebbero passati dalla porta aperta sul retro.
La ferita alla pancia ora le bruciava.
Cominciò a piangere.
Alzò leggermenete la testa e vide i corpi sanguinanti sotto il tavolo.
-Mamma, Franz?-
Una figura apparve sulla porta della soffitta: si voltò in preda a un conato di vomito e poi fuggì urlando:
-Aiutooo!!!-
Marie gemette.
Ormai niente e nessuno poteva più aiutarle, era troppo tardi.
-Mamma?-
Il gemito si trasformò in un lamento funebre di orrida consapevolezza, poi più niente.
Fine.

L’ultima arrivata si accovacciò come una rana in equilibrio su una foglia di ninfeae allungò una mano per toccare quell’altra immobile: voleva giocare a batti batti le manine.
Sporse le labbra in un broncio quando si accorse che quelle altre mani non volevano giocare con lei.
Erano fredde, come la neve che continuava a cadere.
Ma chi era stato a congelarle in quel modo?

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