La pietrificata del Duomo di Milano ovvero la storia di una statua fatta di carne e sangue (epilogo)

Federico Bebber
Federico Bebber

Adelmo si è risposato con Romilda.
Correva da tempo la voce che io mi fossi buttata nei Navigli.
Una mattina di primavera, con il cielo azzurro pallido e un vento che sa di fiori e della verdura che vendono qui in piazza, al mercato, è passato sotto di me, tutto impettito, splendente di felicità, con la biondissima fanciulla accanto.
Dentro gli occhi mi si è rotto qualche cosa: la fonte delle lacrime.
Infatti non piango più, al massimo spurgo una specie di muffa nerastra.
Tra pelle e ossa non ho quasi più carne e quella poca è dura e secca come pergamena.
Quando è uscito fuori dal duomo al braccio della moglie volevo urlargli dietro”Strigon”, ma mi è uscito solo uno scricchiolio.
Romilda, che avevo visto passare più volte incinta, è venuta in chiesa a far battezzare il suo bambino.
Suo marito, il mio Adelmo, ora non la guarda più con desiderio, sbircia le ragazzine che vengono a prender l’acqua alla fontana qui davanti.
Io ormai son secca come una statua di pietra, mi accorgo di avere un colombo in testa solo quando quello, sbattendo le ali, vola altrove: le sue zampine sul cappuccio non le sento più.
Quando vedo il mio amore piango ancora, ma dal di dentro: è uno stillicidio, come in una grotta. Di fuori non traspare nulla.
Mi son caduti tutti i denti che conservo in bocca e ci gioco con la lingua.
Adelmo è morto, ho visto passare il suo funerale e quando Romilda è tornata in duomo dopo un anno per risposarsi, tutta in ghingheri, le ho sputato addosso i denti.
Ma con così poca forza che son caduti a piombo sotto di me, confondendosi con i sassolini del piazzale.
Ora ho la bocca vuota, le labbra sigillate per sempre, la lingua morta.
Hanno sfondato la finestra a feritoia sopra il portale e ora lavorano a un finestrone tondo, che chiamano rosone.
Uno dei capomastri è un pronipote di Adelmo.
Come vestono diversi ora gli uomini, ma sotto i panni son sempre i soliti animali.
Usano lunghi tubi di ferro che sparano fuoco e strane palle.
Con questi si uccidono, se ne hanno voglia.
A volte ho l’impressione che ci giochino, come i bambini.
Ora la gente mi vede, mi indica.
Chi mi chiama il Cappuccino, chi il Frate, chi il Diavolone.
Nessuno ha mai sospettato che io fossi una donna.
Mi hanno svegliata per forza: grandi lavori nella fabbrica del duomo.
Hanno risparmiato soltanto il portale e le sculture tutte intorno non perché fossimo belli, ma perché il popolo si era affezionato.
Il resto però, dentro e fuori la chiesa, lo cambiano tutto.
Ora gli uomini sono buffi, portano una parrucca bianca, con un cappello a tricorno e le scarpine con la fibbia.
Stamattina da una carrozza elegante è scesa una damina che assomigliava tutta al mio Adelmo.
Ho poi sentito che è una sua discendente.
Ha perfino alzato gli occhi celesti per sorridermi, ci potrei giurare.
Vivo in letargo, passano i giorni, le stagioni, gli anni.
Ogni tanto dò un’occhiata alla piazza piena di carrozze di ferro che si muovono da sole, ringhiando e soffiando.
Ora molte persone vengono a vedermi, spesso a gruppi; mi spianano contro degli strani scatolini con bottoni d’argento che fanno un clic sommesso e se ne van via contenti.
Uomini con berretti a visiera mi indicano come un capolavoro di scultura.
Comincio a sentirmi vecchia, questa mattina mi è caduto l’alluce del piede sinistro, che sporgeva di sotto la tunica ormai pietrificata e percorsa da profonde venature.
Sto dimenticando tutto, la mia vita è quasi spenta.
Dimenticherò anche Adelmo?
No, è ancora troppo presto.
In fondo mi ha ucciso lui.

FINE

10 pensieri su “La pietrificata del Duomo di Milano ovvero la storia di una statua fatta di carne e sangue (epilogo)”

  1. come già ti avevo scritto tempo fa, questo è uno dei tuoi racconti migliori, dove descrivi, racconti, ti immedesimi e “fai tue” situazioni, fatti reali o creati appositamente, aspetti, personaggi a te cari….mi ripeto se affermo, con totale convinzione, che sei bravissima?

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    1. sem..oggi tutti scrivono, tutti pibblicano storielle senza senso, libercoli che nessuno legge: io sono cresciuta con i Grandi della letteratura, in casa mia è così, Harry Potter vola dalla finestra con buona pace dell’autrice…per cui io scrivo da quando ero ragazzina perché imparavo da quello che leggevo…lo so che incontro in rete ma essere scrittori è ben altro… rimanendo in Italia…hai presente Cesare Pavese? ecco…facciamo che gioco, ho sempre giocato con la scrittura…ciaooo

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  2. una donna nel suo eterno riposo che urla con lacrime asciutte l’odio di una morte violenta ma poi impassibile nel tempo che scorre tutti arrivano nel baratro della morte …. bravissima è dir poco … super !!!! 🙂

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