IPAZIA DI ALESSANDRIA: FEMMICIDIO DI UNA SCIENZIATA- Epilogo- di GIAN

Il padre Teone si occupava anche di astronomia ( osservò l’eclisse solare del 15 giugno 364 e quella lunare del 26 novembre), ma le fonti antiche sono concordi nel rilevare che Ipazia, istruita dal padre nella matematica, “divenne migliore del maestro, particolarmente nell’astronomia” (Filostorgio).
L’opera matematica considerata più significativa di Ipazia è un commento in 13 volumi all’Aritmetica di Diofanto, il “padre dell’algebra”, cui si devono lo studio delle equazioni indeterminate (“le diofantee”), importanti elaborazioni delle equazioni quadratiche e l’introduzione del simbolismo matematico. Vorrei sottolineare che, all’epoca, il sintetico simbolismo matematico oggi in uso (ad esempio, il simbolo + per l’addizione, l’uso delle parentesi, etc.) non esisteva e la matematica era prevalentemente basata sull’uso della parola: inoltre nella rappresentazione dei numeri si ignorava il valore di posizione. Così, ad esempio, l’espressione 2x+3=5x veniva enunciata e scritta pressappoco in questo modo: due volte una quantità incognita addizionata a tre unità sono eguali a cinque volte la stessa quantità incognita.
La fama di Diofanto è anche legata al fatto che una delle sue equazioni per secoli ha fatto venire il mal di testa, e anche il mal di pancia, a miriadi di matematici, come ben sanno coloro che si sono dedicati al cosiddetto “ultimo teorema di Fermat”. Dall’iscrizione da lui voluta sulla sua tomba sembra fosse anche un simpatico provocatore…(+)

Nel suo commento (i primi 2 libri sono del padre, i successivi sono suoi), Ipazia sviluppa soluzioni alternative a vecchi problemi e ne formula di nuovi, che verranno in seguito inglobati nell’opera di Diofanto.
La studiosa è poi autrice, sempre con il padre, di un commento all’”Almagesto” di Tolomeo, una mastodontica opera in 13 libri che raccoglieva tutte le conoscenze astronomiche e matematiche dell’epoca, e di un’edizione riveduta e corretta degli” Elementi” di Euclide.
Ma Ipazia si occupa anche di meccanica: le viene attribuita l’invenzione dell’aerometro “avente la forma e la misura di un flauto. In linea perpendicolare reca degli intagli, a mezzo dei quali misuriamo il peso dei liquidi.
Ad una delle estremità è otturato da un cono fissato strettamente al tubo, in modo che unica sia la base di entrambi. È questo il barillio. Quando s’immerge il tubo nell’acqua, esso rimane eretto e si ha in tal modo la possibilità di contare gli intagli, i quali danno l’indicazione del peso». In pratica è uno strumento che determina la densità relativa (e di conseguenza il peso specifico) costituito da un tubo cilindrico sigillato che viene posto in un liquido: a seconda di quanto questo tubo affonda (minore è la densità del liquido, più il tubo affonda), è possibile leggerne su una scala graduata la densità.

Scrive poi un commento in 8 volumi a “Le coniche” di Apollonio di Perga, un’analisi matematica delle sezioni del cono. In quest’opera Ipazia inserì il “Corpus Astronomico”, una raccolta da lei compilata di tavole astronomiche sui moti dei corpi celesti.
Progetta l’astrolabio, realizzato da Sinesio, formato da due dischi metallici forati, ruotanti uno sopra l’altro mediante un perno rimovibile: viene utilizzato per calcolare il tempo, per definire la posizione del Sole, delle stelle e dei pianeti. Pare che mediante questo strumento Ipazia abbia addirittura risolto alcuni problemi di astronomia sferica (chiunque ci prova sa bene le difficoltà matematiche che si incontrano, figuriamoci all’epoca).
E Sinesio, parlando dell’astrolabio da lui fatto costruire e “concepito sulla base di quanto mi insegnò la mia veneratissima maestra. Ipparco lo aveva intuito e fu il primo a occuparsene, ma noi, se è lecito dirlo, lo abbiamo perfezionato mentre lo stesso grande Tolomeo e la divina serie dei suoi successori” si erano contentati di uno strumento che servisse semplicemente da orologio notturno, lascia intuire che gli astronomi del tempo di Ipazia non consideravano affatto l’opera di Tolomeo l’ultima e definitiva parola in fatto di conoscenza astronomica.
Permettetemi di inserire qui un punto di vista personale: Ipazia aveva una cultura astronomica vastissima e, oltre a conoscere perfettamente il sistema tolemaico che aveva appunto commentato, sicuramente conosceva bene l’opera di Aristarco di Samo (III secolo a.c) che teorizzava l’eliocentrismo (nella sua forma attuale..!) e, secondo la testimonianza di Plutarco e di altri, dandone anche una dimostrazione.
Ipazia è affascinata dall’astronomia, è sempre con gli occhi al cielo (++), osserva, scruta, prende appunti, insegna e osserva, studia e osserva, è piena di dubbi sul moto del Sole intorno alla Terra, le osservazioni sembrano non confermare le idee di Tolomeo, ma piuttosto quelle di Aristarco…osservazioni su osservazioni per scoprire che la distanza Terra-Sole varia, ma come è possibile? se la rotazione è un cerchio la distanza non può variare perché è il raggio del cerchio…..
E ad un certo punto studia le coniche di Apollonio: certamente conosceva quelle di Euclide, ma Apollonio va ben oltre. Dimostra che da un unico cono è possibile ottenere tutte e tre le varietà di sezioni coniche (ellisse, parabola e iperbole… termini da lui introdotti) semplicemente variando l’inclinazione del piano di intersezione.
E dimostra che non è necessario che il cono sia un cono retto, ma che può essere anche un cono circolare obliquo o scaleno. In particolare, nel Libro IV Apollonio mostra “in quanti modi le sezioni coniche possono incontrarsi l’una con l’altra”, nel Libro VII mostra che “in ogni ellisse la somma dei quadrati costruiti su due diametri coniugati qualsiasi è uguale alla somma dei quadrati costruiti sugli assi”.
E qui, secondo me, arriva l’intuizione geniale: ellisse come generalizzazione del cerchio…e nell’ellisse la distanza varia…ellissi che possono incontrarsi l’una con l’altra in tanti modi diversi…ecco la perfetta correlazione tra ellisse e moto della Terra intorno al Sole, tra le orbite dei vari pianeti!
Ipazia si rende conto che Aristarco ha ragione, la Terra gira intorno al Sole e, soprattutto, capisce come si muove! Giunge così a teorizzare il modello astronomico dell’orbita ellittica della Terra e quella degli altri pianeti?
Ma non ha tempo di scrivere questo modello…da troppi anni il mondo maschile si sente umiliato dall’intelligenza di questa “pagana”: va eliminata, e nel modo più atroce. E l’occasione capita nel mese di marzo del 415: ungruppo di parabalani, guidati da un predicatore di nome Pietro, si appostano per sorprendere la donna mentre fa ritorno a casa. Tiratala giù dal carro, “la trascinarono fino alla chiesa che prendeva il nome da Cesario; qui, strappatale la veste, la uccisero usando dei cocci. Dopo che l’ebbero fatta a pezzi membro a membro, trasportati i brandelli del suo corpo nel cosiddetto Cinerone, cancellarono ogni traccia bruciandoli”.

Sulla morte di Ipazia potete trovare tutto e di più, quindi preferisco non commentare e terminare queste pagine con le parole di Rita Levi Montalcini: “Con lei moriva l’ultima scienziata eminente di quell’epoca e sarà l’unica matematica donna per più di un millennio. Bisognerà aspettare il Settecento per avere due scienziate di rango paragonabile: Maria Gaetana Agnesi e Sophie Germain”.
Io preferisco focalizzare l’attenzione sulle attività di Ipazia astronoma che, grazie alle sue intuizioni, avrebbe cambiato radicalmente la visione del mondo: bisognerà aspettare ancora mille anni e arriverà Copernico…ma forse non sapete che il grande Copernico sbagliò clamorosamente, considerando le orbite dei pianeti circolari, anziché ellittiche….eccola qui la straordinaria grandezza di Ipazia!

(+) Iscrizione sulla tomba di Diofanto, da lui voluta
« ‘Questa tomba rinchiude Diofanto e, meraviglia! dice matematicamente quanto ha vissuto. Un sesto della sua vita fu l’infanzia, aggiunse un dodicesimo perché le sue guance si coprissero della peluria dell’adolescenza.
Dopo un altro settimo della sua vita prese moglie, e dopo cinque anni di matrimonio ebbe un figlio. L’infelice (figlio) morì improvvisamente quando raggiunse la metà dell’età che il padre ha vissuto.
Il genitore sopravvissuto fu in lutto per quattro anni e raggiunse infine il termine della propria vita.
Quanto ha vissuto Diofanto? Divertitevi a trovare la soluzione: 84 anni.

(++) da Pallada, Antologia Palatina:
Quando ti vedo mi prostro davanti a te e alle tue parole,
vedendo la casa astrale della Vergine,
verso il cielo è rivolto ogni tuo atto
Ipazia sacra, bellezza delle parole,
astro incontaminato della sapiente cultura. »

GIAN

10 pensieri su “IPAZIA DI ALESSANDRIA: FEMMICIDIO DI UNA SCIENZIATA- Epilogo- di GIAN”

  1. Della meravigliosa Ipazia mi piace ricordare la definizione che ne diede un grande illuminista : “Tutte le conoscenze accessibili allo spirito umano, riunite in questa donna dall’eloquenza incantatrice, ne fecero un fenomeno sorprendente, e non dico tanto per il popolo, che si meraviglia di tutto, quanto per i filosofi stessi, che è difficile stupire. (Denis Diderot)”
    ..resta il fatto che se in gioventù avessi avuto un insegnante come Gian, ora sarei molto meno capra…😩

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      1. ..comunque non finisco mai di meravigliarmi di quanto ci sia sa sapere, e di quanto poco io sappia… un po’ come diceva Socrate “hoc unum scio, me nihil scire”… più tempo passa, e meno cose so…😔

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  2. chi cita Socrate ha tutta la mia stima…più si studia più ci si accorge della propria ignoranza…grazie dei tuoi commenti e grazie anche a colei che mi ospita da molto tempo…

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